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“Poche prove sull’utilità del plasma”
Redazione
4 anni fa
Un articolo pubblicato sulla rivista Nature frena gli entusiasmi sul plasma nella cura al coronavirus. I ricercatori: “È stato testato solo in piccoli studi senza il potere statistico di fornire conclusioni definitive”

Tardano ad arrivare prove in favore dell’utilità del plasma nella cura del Covid-19 e, mentre gli enti regolatori statunitensi valutano di ampliare l’accesso alla terapia, “i ricercatori chiedono studi clinici più rigorosi”. A frenare gli entusiasmi è un articolo pubblicato sul sito della rivista Nature.

Il plasma, ovvero il liquido che resta dopo che le cellule del sangue donato vengono rimosse, contiene anticorpi e quello appartenente a donatori in convalescenza è stato utilizzato per curare altri pazienti con la stessa malattia, tra cui Ebola e sindrome respiratoria mediorientale (Mers).

“Pochi studi”
Per il Covid, si legge su Nature, “è stato testato solo in piccoli studi senza il potere statistico di fornire conclusioni definitive” anche se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha parlato pubblicamente di “una risposta eccezionale”. Al di là delle molte aspettative, i ricercatori stanno faticando a individuare la sua efficacia nel bel mezzo della pandemia, afferma Michael Joyner, anestesista presso la Mayo Clinic di Rochester, Minnesota.

Diverse terapie in fase di test
Per prima cosa, infatti, il plasma di diverse persone varia ampiamente nella concentrazione di anticorpi e testare se siano presenti quelli “neutralizzanti” il virus è costoso, afferma lo specialista in malattie infettive Fazle Chowdhury, dell’Università di Dhaka. Nel Regno Unito, l’epidemiologo Martin Landray dell’Università di Oxford, sta conducendo il grande studio Recovery per testare diverse terapie, compresa quella basata sul plasma, in persone ricoverate in ospedale con Covid-19. “C’è una buona ragione per pensare che potrebbe rivelarsi un trattamento efficace”, dice Landray. “Ma non abbiamo dati sufficienti per saperlo” e “abbiamo già visto in questa epidemia quanto possano essere sbagliate ipotesi scientifiche ben intenzionate”.

Secondo l’ex commissario della Food and Drug Administration (FDA) Robert Califf, “è una potenziale terapia che potrebbe funzionare”, ma “dovremmo incentivare la partecipazione a studi randomizzati che sono ora una priorità assoluta”.

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