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Novavax, l’Ue punta su un vaccino “antico”
Keystone-ats
2 anni fa
Una tecnologia tradizionale è alla base del nuovo vaccino approvato dall’Ema. Con questo l’Europa vuole convincere gli scettici a vaccinarsi

Una tecnologia tradizionale per il nuovo vaccino anti-Covid appena autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema). Commercializzato con il nome di Nuvaxovid e Covovax (in India), l’ultimo immunizzante in ordine di tempo ad arrivare sul mercato è un vaccino proteico, ossia contiene frammenti prodotti in laboratorio della proteina Spike, che si trova sulla superficie del virus Sars-CoV-2, e un adiuvante, la saponina. Novavax è il quinto vaccino contro il Covid approvato dall’Ema.

Le prime dosi dovrebbero arrivare nei primi mesi del 2022 e per il primo trimestre gli Stati membri hanno ordinato circa 27 mln di dosi. Novavax sarà in grado di consegnare fino a 100 mln di vaccini nell’Ue a partire dal primo trimestre del 2022 ed il contratto firmato consente poi agli Stati membri di acquistare altri 100 mln di dosi nel 2022-23.

Tecnologia conosciuta
Diversamente dai vaccini Pfizer, Moderna, Astrazeneca, Johnson&Johnson, Sputnik, che usano tecnologie a mRna e vettore virale, quello prodotto dalla casa farmaceutica statunitense Novavax non è un vaccino genico ed è stato creato attraverso la tecnica delle proteine ricombinanti. Una tecnologia già ampiamente sperimentata fin dagli anni ‘80 per esempio contro l’epatite B e che potrebbe avere un effetto “persuasivo” su coloro che sono ancora scettici rispetto all’immunizzazione, dal momento che utilizza una tecnica tradizionale trentennale.

Con il “baculovirus”
NVX-CoV2373, questa la sigla, come qualsiasi altro vaccino ha l’obiettivo di stimolare il sistema immunitario e fargli produrre una risposta contro l’aggressione di un agente esterno. È composto da frammenti proteici del virus partendo dall’immissione in un ‘baculovirus’ (virus svuotato del suo contenuto genetico) di una porzione di Dna con le informazioni utili a produrre la proteina Spike. In una fase successiva, alcune cellule vengono infettate dal virus e quando il materiale è all’interno, il baculovirus libera il materiale genetico utile alla produzione della Spike. Proteina che, dopo essere stata prodotta, viene rilasciata al di fuori delle cellule. Le nanoparticelle virali contengono fino a 14 proteine Spike, a cui si aggiunge un adiuvante che stimola il sistema immunitario.

Due dosi a distanza di tre settimane
Un’ingegneria, quella di Novavax, completamente differente dalla tecnologia a mRna (Moderna e Pfizer), che consiste invece nell’iniezione di un frammento di Rna che serve a far produrre soltanto la proteina Spike. Il protocollo del nuovo vaccino prevede la somministrazione di due dosi a distanza di 21 giorni, l’immunizzante resta stabile tra i due e gli otto gradi. Quando viene inoculato, il sistema immunitario si attiva e legge le particelle proteiche come estranee: a questo punto comincia a produrre difese naturali attivando anticorpi e linfociti T e B.

Due studi considerati
Due gli studi su Novavax esaminati da Ema: il primo, condotto in Messico e negli Stati Uniti, ha riscontrato una riduzione del 90,4% del numero di casi sintomatici di Covid-19 da 7 giorni dopo la seconda dose. Anche il secondo studio, condotto nel Regno Unito, ha mostrato una riduzione simile del numero di casi sintomatici, con l’efficacia del vaccino all’89,7%.

Studi condotti però su Alfa e Beta, incognita Omicron
Presi insieme, afferma Ema, “i risultati dei due studi mostrano un’efficacia del vaccino Nuvaxovid di circa il 90%”. Tuttavia, precisa l’Agenzia, il ceppo originale e alcune varianti preoccupanti come Alfa e Beta erano i ceppi virali più comuni in circolazione quando gli studi erano in corso e attualmente sono quindi disponibili dati limitati sull’efficacia di questo vaccino contro altre varianti, inclusa Omicron.

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