
Il regista di film pubblicitari Francesco Nencini è conosciuto per spot celebri come "How long is a Swatch minute?" come pure per campagne virali geniali costruite ad hoc per la rete. "Nencio" nasce però come fotografo e il suo occhio attento l'ha portato ad esporre in mostre notevoli, come quella, recente, intitolata "Non luoghi", ispirata al testo dell’antropologo francese Marc Augè. Con lui abbiamo parlato dei cambiamenti dell'uomo nella società e dei mezzi di comunicazione; cambiamenti che in appena un decennio, hanno portato ad una svolta il lavoro del pubblicitario: la sfida è ora creare pubblicità che possano raggiungere le persone ovunque, con un messaggio efficace... Quando sono nate campagne pubblicitarie come quelle della Swatch? "Sono nate alla fine degli anni ‘90. E portano con sè le emozioni dei primi film importanti che ho diretto come regista. Ci sono arrivato dopo il grande successo di una campagna per la birra Tuborg che avevo girato pochi mesi prima e che aveva come colonna sonora “Please Please Please Let Me Get What I Want” degli Smiths. Sono tutte campagne internazionali molto prestigiose che hanno vinto parecchi premi ai festival e sono andate in onda in molti paesi". Cos'avevano di particolare? "La caratteristica principale di questi film era quella di accompagnare una serie di vignette ad improbabili giochi di parole che sono rimasti impressi nella mente degli spettatori per molti anni, come testimoniano i commenti che continuano a raccogliere su You Tube. Non per nulla, il successo dello humour che le agenzie di pubblicità avevano cucito addosso al marchio Swatch è stato cavalcato a lungo dall’azienda". Oggi è più difficile raggiungere tante persone in un colpo solo. Perché? "Perchè le abitudini delle persone sono cambiate. Un tempo gli italiani si sedevano davanti alla televisione tra le 8 e le 10 di sera (il cosiddetto prime time) e avevano a disposizione 7 canali. Oggi, quei canali sono diventati 700, più Internet e il telefonino. E’ per questo che le aziende sono costrette a ripensare i modi e mezzi più consoni per entrare in contatto con il consumatore". È per questo che stanno sfondando le pubblicità virali? Sono destinate a sostituire tutte le altre? "La pubblicità virale, ovvero i filmati che sfruttano il passaparola su Internet, non riescono al momento a raggiungere un numero di utenti significativo per le grandi aziende. Ma rappresentano delle ottime opportunità a basso costo per le piccole e medie imprese in cerca di notorietà". C'è chi pensa che la pubblicità ha ridotto l'uomo a semplice... ornamento. Lei che ne pensa? "Oggi non è così. Ma negli anni '80 sì. Oggi come oggi, la maggior parte delle campagne hanno accantonato l'aspetto formale per avvicinarsi alle realtà del quotidiano. E risultare più credibili al consumatore". La crisi ha colpito il lavoro del pubblicitario? "La vera crisi, per il mondo della comunicazione, non è quella economica. Ma quella dei mezzi, la televisione e l’editoria, attraverso i quali i pubblicitari si sono rivolti al consumatore fino all’altro ieri. Se una volta il nostro pubblico stava lì seduto ad ascoltarci, oggi dobbiamo farlo sedere e convincerlo ad ascoltarci. E per fare questo, dobbiamo posizionarci davanti ai loro occhi e alle loro orecchie in punta di piedi, dopo aver conquistato la loro fiducia". Cosa mi racconti della tua campagna Durex? Per vendere, la pubblicità deve diventare sempre più spregiudicata? "I quattro filmati virali per Durex Academy nascono per lanciare un concorso per trovare nuovi collaudatori e collaudatrici dei prodotti dell’azienda. Elena Galliano, l’attrice che è stata scelta per interpretare la Professoressa Clara ha ben poco di spregiudicato. Ma riesce ad elencare con didascalica naturalezza le istruzioni per l’uso di ogni si...
Monica Mazzei
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