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Michael Jackson "resuscitato" per dieci minuti
Redazione
15 anni fa
Nella notte del 25 giugno del 2009, alle ore 1:21, il cuore di Jacko batteva ancora

Continua a non esserci pace per Michael Jackson. La morte lo prese con sé il 25 giugno dello scorso anno, lasciando tutti basiti, increduli, quasi come fosse impossibile che il Re del Pop potesse essere anche lui umano e quindi mortale. Già di per sé un fatto a suo modo particolarissimo e di grande eco, la morte di Jacko divenne in poco tempo un vero e proprio caso per via delle circostanze oscure legate alla causa del decesso e al ruolo che in esso avrebbe avuto il medico personale del cantante, Conrad Murray, ad oggi indagato per omicidio colposo perché accusato di aver somministrato al suo paziente una quantità smisurata di farmaci. Ora ne arriva un’altra. Il padre di Michael Jackson, Joe Jackson, ha presentato un documento proprio contro il medico Murray, il quale testimonierebbe che i servizi di emergenza avrebbero fatto "resuscitare" Jacko un’ora dopo che il suo polso aveva smesso di battere. A scriverlo è stato il quotidiano spagnolo El Mundo nella sua edizione online. Sul sito spagnolo si legge infatti che il quotidiano News of the World ha pubblicato un documento dove c’è scritto che alle ore 1:21 della notte del 25 giugno del 2009, gli infermieri avrebbero rilevato un debolissimo battito cardiaco, probabilmente l’ultimo disperato tentativo da parte del cantante di non lasciare questo mondo. Dunque per dieci minuti il cuore di Michael Jackson ha continuato a battere, seppur in modo assai debole, fermandosi poi per sempre. “Dovrebbero rinchiuderlo e buttare la chiave. Quello che è successo è vergognoso” dichiara Joe Jackson, sfogandosi per l’ennesima scoperta che, a quasi un anno dal quel tremendo giorno, non permette ancora a suo figlio di trovare la pace. Nel processo aperto per chiarire le misteriose circostanze della morte della pop star, il medico Conrady Murray rimane l’imputato principale. L’autopsia stabilì infatti che il cantante morì a causa di una dose eccessiva di propofol, un potente anestetico introdotto nel suo organismo proprio dal medico per aiutarlo a salvarsi.

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