
L'intelligenza artificiale (IA) è il nuovo collega in azienda, con le sue virtù e suoi difetti, non un semplice strumento: occorre imparare davvero a lavorarci insieme. Lo dice Nadine Bienefeld, esperta di nuove tecnologie e docente al Politecnico federale di Zurigo (ETH). "Oggi ci si concentra troppo spesso sulla tecnologia per aumentare l'efficienza", afferma la psicologa in un'intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger.
Integrare e non sostituire
"In molti settori è forte la tentazione di delegare i lavori facili e di media difficoltà all'IA e di impiegare le persone solo come autorità di controllo o per compiti socialmente impegnativi", osserva la specialista. "Ma questo non funzionerà a lungo termine. Ciò sovraccaricherà i dipendenti: non possiamo lavorare il doppio o il triplo e garantire al contempo prestazioni eccellenti". Le aziende dovrebbero cogliere ora l'occasione per riprogettare consapevolmente i processi lavorativi. "L'IA dovrebbe integrare le competenze umane e non sostituirle, in modo che i dipendenti non diventino semplici esecutori di algoritmi intelligenti". Altrimenti tutto si trasformerà in un esperimento incontrollato e ci si renderà conto troppo tardi che non si dispone più delle competenze necessarie. "Il problema è che il nostro cervello è progettato per risparmiare glucosio: migliore è il funzionamento dell'IA, più difficile è per noi rimanere coinvolti nel processo. Questo può diventare pericoloso".
I team del futuro? Umani e IA
"Nelle menti e anche nelle aziende non è ancora sufficientemente radicata l'idea che l'IA sia in realtà un nuovo membro del team, con i propri punti di forza e di debolezza", argomenta la dottoressa. "Il lavoro di squadra sta diventando più importante che mai. E non solo tra l'IA e chi ha competenze tecnologiche. Sono necessarie anche conoscenze provenienti da altre discipline, come la psicologia o la sociologia. Qui vedo un'opportunità, soprattutto per le donne, di cogliere lo sviluppo". L'intelligenza artificiale riguarda tutti e servono prospettive diverse in termini di genere, età e provenienza. "Tutti noi lavoreremo sempre più spesso in team composti da esseri umani e intelligenza artificiale o esseri umani e robotica". Per avere successo in questi team servirà pensiero critico, capacità di gestire l'incertezza e flessibilità, nonché la volontà di intraprendere professioni che non siamo ancora in grado di immaginare. "È però importante capire ciò che la macchina ci restituisce", mette in guardia Bienefeld. "Altrimenti diventeremo semplici esecutori della tecnologia e sarà impossibile individuare gli errori o risolvere problemi più complessi. Il rischio di perdere competenze è reale. E può avvenire rapidamente". Gli utenti non devono inoltre trascurare il fatto che il chatbot non può sostituire l'interazione umana e che la sua presunta empatia è solo simulata.