
Come spiegare i Dream Theater a qualcuno che non li conosce? Prendi i massimi esponenti del virtuosismo di ogni strumento prog metal e mettili insieme. Certo, tanto talento tutto in una volta non è facile da gestire e la band newyorchese non è sempre stata immediata da capire, tra sperimentazioni e progetti a volte estremamente ambizioni. Ma è proprio questa ricerca costante della perfezione che ha permesso ai Dream Theater di regalare agli amanti della musica perle come Metropolis Pt 2: Scenes from a Memory, che proprio quest’anno “compie” 20 anni. Lo scorso febbraio è uscito Distance Over Time, album che segna un ritorno al passato e all’essenzialità per la band del guitar hero John Petrucci. E proprio con lo strepitoso chitarrista 51enne abbiamo parlato del disco e della loro prossima tappa svizzera, il 23 giugno allo Z7 Summer Nights Open Air di Pratteln.
John, dopo l’enorme lavoro e sperimentazione fatta per il concept album The Astonishing ecco Distance Over Time, un disco con il tipico suono dei Dream Theater. L’esigenza di un ritorno al passato?In effetti sentivamo il bisogno di stare di nuovo insieme a studiare, scrivere e suonare. E’ stato divertente ritrovarci per mescolare il prog al metal: tutti eravamo particolarmente pieni di energia e concentrati sull’obiettivo. Probabilmente passare del tempo tra di noi, in un fienile nei pressi di New York, era quello di cui avevamo davvero bisogno.
Proprio il teambuilding sembra aver avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’album…The Astonishing è stato un progetto incredibilmente impegnativo lungo tre anni di duro lavoro, che ho preso molto a cuore perché ho scritto la storia e curato molti aspetti, come d’altronde ha coinvolto tutti. Non che fossimo scarichi, ma c’era la necessità di divertirci, mettendoci alla griglia a cucinare tra una sessione e l’altra.
Un team di cui tu, almeno esternamente, sembri il leader.In ogni band, in ogni gruppo, ci deve essere un’organizzazione e un sistema. Nei Dream Theater oltre che il chitarrista sono anche il produttore, cosa che mi dà la possibilità di guardare tutto il nostro lavoro in un quadro più ampio, che comprende anche gli aspetti logistici e i rapporti con l’etichetta. Su questo aspetto quindi è anche normale che sia io la persona di riferimento degli altri membri della band. Ma quando si tratta del processo creativo, allora tutti mettiamo insieme le nostre idee e c’è un confronto continuo, infatti ognuno di noi scrive pezzi e mette a disposizione della band la propria esperienza. Più ognuno di noi è coinvolto più diventiamo creativi.
Nella veste di produttore, sembra che in Distance Over Time tu abbia voluto valorizzare la batteria di Mike Mangini, che peraltro sono quasi dieci anni che è con i Dream Theater.Volevo far sentire coinvolto Mike nel processo creativo e sono contento che in questo album abbia sia presente una canzone scritta da lui. Sin dal primo momento abbiamo scoperto che si tratta di un ragazzo fantastico, che crede tantissimo nel progetto e si è integrato subito alla perfezione.
Nell’album si parla di inquinamento, di donne vittime di abusi, del modo in cui viene percepita l’informazione e di tanti altri temi di attualità. Qual è il ruolo della musica nel veicolare certi messaggi?La musica è importante nella vita di molte persone, comprese la mia e la tua. E’ un modo quasi primordiale di comunicare. Per questo vogliamo parlare di alcuni temi in modo reale, credibile, in modo da poter essere ascoltati. E’ anche un modo per esprimere a chi ci ascolta le nostre passioni e le nostre impressioni su ciò che ci circonda.
In Barstool warrior parli di una persona che, in un momento di difficoltà, decide di prendere in mano il proprio destino. Ti sei mai sentito un “guerriero da bar”?Certamente, come ognuno di noi ho avuto momenti dove senti di dover lottare per qualcosa. E si può essere guerrieri a differenti livelli, anche in una cosa all’apparenza banale, ma che richiede la nostra volontà di prendere in mano la situazione. Sono davvero convinto che ci sia un guerriero in ognuno di noi. A volte c’è però chi agisce come vittime e allora in quei casi sta a noi tendere la mano e mostrare la pietà.
Sono tanti i testi dove parlate di fantascienza. Siete davvero tutti appassionati?Direi proprio di sì! Anche la storia di The Astonishing prende spunto dal mondo dello sci-fi. E poi per qualche ragione lo stile del Prog si sposa meglio, rispetto ad altri generi musicali, al mondo della fantascienza, permettendo di giocare con i suoni e di creare atmosfere particolari a seconda dello stato emozionale che si vuole trasmettere.
Room 137, la prima canzone di Mike Mangini nei Dream Theater, è piena di citazioni. 137 sarebbe inoltre il numero che si segnalerebbe agli alieni per indicare la nostra conoscenza della meccanica quantistica…Mike ci ha fatto impazzire con questa sua canzone… Intanto perché suona questa canzone a 137 bpm e poi per la sua ossessione per questo numero primo, che secondo il filosofo Wolfang Pauli contiene le risposte dell’Universo e mette in connessione la scienza con la spiritualità. Sapevo che era dedicata a sua moglie, non agli alieni… Ma prometto che mi informerò, perché è una storia davvero pazza!
Il 23 giugno sarete allo Z7 Summer Nights Open Air di Pratteln per il vostro tour europeo, dove suonerete sia le canzoni di Distance Over Time che Metropolis Pt.2: Scenes from a Memory , album che celebra i 20 anni. Cosa preferite suonare davanti al pubblico?Sarebbe una dura battaglia, perché è divertente in entrambi i casi. Siamo davvero emozionati nel suonare i nostri nuovi brani e vedere la reazione dei fan. Ma Metropolis è un album per noi davvero importante, il nostro primo concept, adoriamo ogni singola nota. Quello che posso dire è che quest’ultimo lo proporremo non nei concerti dove suoniamo solo noi ma ai Festival, dove crediamo si presti meglio al tipo di serata.
Cosa provi quando riascolti Metropolis?Un grande orgoglio. Adoriamo i concept album, come Tommy o The Wall, ed è stato fantastico farne uno tutto nostro. Poi è stato il primo album col tastierista Jordan Rudess e il primo prodotto da me e Mike Portnoy. Ogni volta penso alle tante miglia che questo album ha ormai percorso, ma come riesca ancora a emozionarmi.
Sei un appassionato di bodybuilding. Dopo 35 anni di carriera, preferisci allenarti alla chitarra o in palestra?Sempre alla chitarra. C’è poco da fare, fa parte del mio DNA. Mi piace andare in palestra ad allenarmi e scaricare la tensione, ma la chitarra è una delle parti più importanti della mia vita e ancora mi diverte un sacco passare ore ogni giorno a fare pratica…
Chi non vi conosce pensa che siate freddi e seri. Ma chi va ai vostri concerti ha avuto modo di vedere il vostro lato goliardico. C’è un episodio che ti ha fatto particolarmente divertire?Ce ne sarebbero tantissimi, ma uno di qualche settimana fa mi ha fatto morire dal ridere. Eravamo in Messico e il chitarrista di una band locale ha voluto omaggiarci suonando la cover di un nostro brano. Il problema è che era terribile e non riuscivo davvero a capire che canzone fosse. Questo mentre lui era serio e ci guardava, ma per me era davvero difficile trattenere le risate per non mancargli di rispetto…
MS
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