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I pesci d'aprile vanno bene, ma una volta all'anno bastano
Redazione
11 anni fa
Viva la Rete e l'informazione veloce. Con la consapevolezza, però, che non di tutto ci si può fidare

Oggi si è scherzato. E fa giusto bene, ogni tanto, prendersi un po' in giro. Ma, per l'appunto, lo scherzo è bello se dura poco. Sono sempre di più, invece, le false notizie che dilagano in rete, tutto l'anno. E questo no, non va bene. Il web ha cambiato il modo di fare informazione, per certi versi (tanti fortunatamente) in meglio, per altri in peggio. Quello che non dovrà mai cambiare, però, è il nostro approccio critico a quanto leggiamo.

A tal proposito, ecco un articolo uscito sull'ultimo numero de L'universo, giornale studentesco indipendente che è inserto mensile del Corriere del Ticino.

di Carlotta Serafini

Gridare «Al lupo! Al lupo!» ci riesce sempre più facile, oltretutto su larga scala. E siamo ancora molto lontani dall’essere immuni alle conseguenze disastrose del falso allarmismo. Le informazioni scorrette viaggiano veloci in rete e rimbalzano di sito in sito, condivise e ricondivise sui social network.

In pochi si salvano dal virus della condivisione sfrenata e spesso il click fatale viene fatto leggendo solo il titolo della «notizia», o lasciandosi influenzare dall’immagine scelta ad hoc per toccarci nel profondo. Della verifica delle fonti quasi nessuno si preoccupa e non di rado nella rete cadono anche pescioloni grossi come le più note testate giornalistiche.

La cosa curiosa è che il fenomeno ha preso piede proprio a causa dell’utilizzo dei social network come fonti «alternative» rispetto ai media tradizionali. Secondo una ricerca intitolata L'attenzione collettiva nell'era della (dis)informazione (del Laboratory for the Modeling of Biological and Socio-Technical Systems – Northeastern University, Boston), chi cade nella trappola sono soprattutto quegli utenti del web che, non fidandosi dei giornali o della televisione, preferiscono cercare le notizie da fonti alternative.

Come caso di analisi è stato preso l’affaire Cirenga, che alla fine del 2012 aveva infiammato gli animi degli italiani. In un periodo di crisi nera per il Paese, su Facebook era apparsa una «notizia» sconvolgente: un certo senatore Cirenga aveva presentato un disegno di legge, approvato dal Senato con 257 voti favorevoli e 167 contrari, che prevedeva l'istituzione di un «fondo per i “parlamentari in crisi” creato in vista dell’imminente fine legislatura» (cosa che presumeva uno stanziamento straordinario di 134 miliardi di euro, ovvero di 500 milioni di euro ciascuno). In poche ore, decine di migliaia di persone avevano manifestato la propria indignazione. Peccato che fosse tutto falso: non solo il disegno di legge era inesistente, ma lo era anche il suo promotore, così come era sbagliato il numero dei senatori (422 contro i reali – almeno per ora – 315, più i 4 senatori a vita).

Finché si tratta di bufale «innocue» come sensazionali scoperte archeologiche, il danno non è poi così grave. Non è sicuramente un bene, per la nostra presunta intelligenza e per la promozione dei veri siti di importanza culturale, che dilaghi la falsa notizia che sia stato scoperto un tunnel sotterraneo che collega Sicilia e Calabria (costruito dai romani durante le guerre puniche, fra il III e il II secolo a.C.).

Ma almeno nessuno ci rimette in immagine o, peggio ancora, in salute. Di certo la politica del Bel Paese non ha bisogno di episodi come l’affaire Cirenga: già ci pensano i politici veri a indignare la popolazione con affermazioni e comportamenti scandalosi (altrettanto veri), se poi si aggiungono pure le bufale la situazione non può che precipitare (sì, sembra strano dirlo, ma le cose potrebbero andare anche peggio di come stanno andando).

Così come la Chiesa non ha bisogno di vicende che la screditino ulteriormente, come di recente invece è accaduto. Il web si è infatti indignato per un’uscita poco felice del vescovo di Granada Francisco Javier Martínez: «Donne, praticate il sesso orale a vostro marito ogni volta che ve lo chiede. Non sentitevi in colpa, non è peccato se pensate a Gesù mentre lo fate». Diverse le reazioni: chi da posizioni ultraortodosse ha gridato alla vergogna e chi, invece, ha pensato con un sorriso a una nuova apertura della Chiesa dopo la «rivoluzione Bergoglio». Inutile dirlo, ma l’affermazione pro fellatio è stata tutta invenzione di un giornale satirico di Barcellona, El Jueves. Che sarebbe, per intenderci, l’equivalente del sito italiano lercio.it, spesso e volentieri fonte di bufale (volutamente!) colossali prese come oro colato da molti internauti. E di conseguenza rese virali.

Ma, si diceva, capita anche che possa essere la salute a rimetterci. Secondo l’ultimo rapporto dell’European Center for Diseases Control, l’Italia si è guadagnata il primo posto in classifica come Paese europeo più colpito dal morbillo: ben 3400 casi tra novembre 2012 e ottobre 2013. La principale causa della diffusione continua a essere la non vaccinazione: l’87% delle persone colpite non era infatti vaccinato. Cosa c’entrano questi dati con la cattiva informazione? Tanto. Sempre più spazio viene dato, soprattutto in rete, ai presunti danni delle vaccinazioni sulla salute, in particolar modo su quella dei bambini. Non esiste nessuno studio accreditato che sostenga che i vaccini favoriscano l’insorgere di allergie o patologie gravi come l’autismo, eppure la voce allarmistica gira e rigira.

Tutto cominciò dalla pubblicazione di una ricerca di Andrew Wakefield sulla rivista The Lancet (nel 1998), nella quale si suggeriva il legame tra il siero trivalente morbillo-parotite-rosolia e l’insorgere dell’autismo nei bambini. Le informazioni contenute nello studio erano state alterate, la strumentazione utilizzata era inadatta e i dati erano stati modificati intenzionalmente: non solo il ricercatore era stato corrotto (aveva accettato denaro da parte degli avvocati di famiglie con bambini autistici, impegnate in cause legali contro le case farmaceutiche che distribuivano il vaccino), ma aveva lui stesso brevettato altri vaccini (ed era dunque interessato a vederli prodotti, in alternativa a quello «incriminato»). Wakefield fu espulso dall’ordine, ma il fenomeno anti-vaccini cominciò a prendere piede… e il morbillo a dilagare. E il grido d’allarme è tutt’ora virale, come virale rimane la malattia. Purtroppo, però, non sembrano far notizia le centinaia di persone che, non vaccinate, si ammalano e continuano poi a soffrire di gravi complicazioni (polmoniti, encefaliti, danni cerebrali spesso gravi e anche morte).

Da un certo punto di vista, alcuni dibattiti che ne escono sono anche interessanti. Di recente è tornata in auge la notizia che da maggio 2014 a tutti i neonati sarà applicato un microchip GPS. Aveva già creato scalpore negli anni scorsi, ma il «bello» delle bufale è che, anche se smentite, dopo un po’ riemergono in superficie come i fiumi sotterranei del deserto. E fanno nuove vittime. Comunque, dicevamo, su questa affermazione il popolo del web si è diviso fra «Orrore! È il segno di non ritorno di una svilente supremazia della tecnologia sull’umanità!» e «Che bella rivoluzione, bambini rapiti, anziani con l’Alzheimer e criminali latitanti saranno finalmente rintracciabili». Le vivaci conversazioni fra sostenitori e contrari al presunto obbligo sanitario sono sicuramente indice che l’argomento interessa e che potrebbe, in un futuro non troppo lontano, risolversi in concrete soluzioni. Ma è triste pensare che un dibattito potenzialmente intelligente debba prendere vita da una notizia falsa.

Insomma, su internet ce le beviamo proprio tutte. Non facciamo fatica a criticare duramente i media mainstream, che mai come oggi avevano goduto di una così cattiva reputazione, ma ci trasformiamo poi in consumatori quasi totalmente acritici nel fruire fonti alternative come i social network. Di chi sia la colpa, se di colpa si può parlare, è difficile dirlo. Grosse responsabilità le ha probabilmente un’industria mediatica che ci ha abituato all’infotainment, ovvero a un miscuglio spesso disgustoso fra informazione e intrattenimento. Un certo peso lo avranno anche quei sistemi scolastici che non propongono agli alunni visioni sufficientemente pluralistiche e problematiche sulle materie affrontate in classe. E poi, probabilmente, non ci è ancora ben chiaro il famoso concetto di «non accettare caramelle dagli sconosciuti». Ne mangiamo con soddisfazione di sempre più schifose, confezionate da chissà chi. E le offriamo pure ai nostri amici.

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