
Ve ne sarete sicuramente accorti. Ieri pomeriggio, per circa 3 ore, milioni di siti hanno avuto problemi di connessione. Un guasto ai server di Cloudflare ha infatti causato interruzioni globali alla rete internet. Ma in cosa consiste questo servizio e come mai un suo malfunzionamento può generare conseguenze così importanti? Ticinonews ne ha parlato con l'esperto di informatica forense Alessandro Trivilini.
Vedere tante pagine offline fa riflettere. Molti non sanno che gran parte dei siti dipendono da poche società.
“Società in prevalenza americane. Effettivamente, anche i grandi devono potersi garantire l’accesso alle informazioni in modo celere, nonché una certa sicurezza. Per cui, se i piccoli vogliono la stessa prestazione devono attingere alla medesima fonte, che oggi è una sorta di oligopolio, anche per quanto riguarda la consultazione dei siti web”.
Quindi se vi è un problema in tal senso, rimaniamo quasi al buio?
“Si verifica un vero e proprio blackout come quello a cui abbiamo assistito ieri, che peraltro non è riconducibile a un attacco informatico bensì, sembra, a un guasto tecnico. E ciò non dovrebbe capitare a questi colossi, i quali rispondono a delle responsabilità, anche economiche, molto importanti”.
Essendoci poche società dedicate a questo tipo di servizio, anche un attacco hacker potrebbe mettere a repentaglio dei siti web per più tempo?
“Siamo molto vulnerabili perché deleghiamo la sicurezza. Non necessariamente il sito di Ticinonews, per fare un esempio, deve essere attaccato direttamente, ma può essere colpito attraverso il suo intermediario dal quale compra un servizio di sicurezza e di maggiore fluidità. L’ecosistema digitale è complesso; le tecnologie crescono sempre più e chi può garantire una certa stabilità sono i colossi che hanno grosse risorse. Si crea dunque questo monopolio pericoloso. Ecco perché si parla sempre più di sovranità dei dati, ma anche dei servizi, che possano attivarsi nel momento in cui i colossi accusano un problema”.
Ma perché non ci sono altri attori in campo che possano garantire lo stesso servizio?
“Perché è un mercato molto competitivo. Dati significa soldi e soldi significa investimenti, e quando una startup cerca di offrire una soluzione alternativa viene messa fuori mercato con un’acquisizione. Dunque, pochi crescono e hanno il monopolio della sicurezza, del traffico dati, ma anche delle responsabilità. C'è poca concorrenza”.
Quanto siamo a esposti a un nuovo disservizio globale, magari anche più grave?
“Siamo esposti e lo saremo sempre di più dal punto di vista tecnico per una semplice equazione: più dati, più infrastruttura. Tutto deve essere più veloce. E non dimentichiamo che oggi abbiamo l’IA, a cui le aziende delegano la gestione e la manutenzione di queste infrastrutture. Dobbiamo mettere in conto di portare sempre in tasca del contante e di avere sempre dei canali di informazione alternativi, perché il blackout digitale è una realtà con la quale convivere”.
L'intervista completa ad Alessandro Trivilini a Ticinonews:
