
Il riscaldamento globale costerà 38'000 miliardi di dollari (33'000 miliardi di franchi) all'anno nei prossimi 25 anni, sotto forma di danni da siccità, incendi ed eventi meteo estremi. Ma le emissioni da combustibili fossili che provocano il riscaldamento non scendono, nonostante gli impegni solenni di politici e imprenditori. Nel 2023 sono salite dell'1,1% rispetto l'anno precedente. I conti sul cambiamento climatico li ha fatti l'Istituto tedesco per la ricerca sull'impatto climatico di Potsdam, in una ricerca pubblicata nei mesi scorsi sulla rivista "Nature". Lo studio valuta le perdite annue all'interno di una forchetta fra i 19'000 e i 59'000 miliardi di dollari (16'500-51'000 miliardi di franchi), con un valore medio di 38'000 miliardi.
Lo studio
Per arrivare a questi dati, i ricercatori tedeschi hanno analizzato come il cambiamento climatico abbia danneggiato l'economia in più di 1'600 regioni nei 40 anni passati. Hanno poi utilizzato questi dati per costruire un modello che permetta di calcolare i danni futuri. Questi potranno provenire da siccità, eventi meteo estremi e incendi che impattano sui raccolti agricoli, la produttività del lavoro e le infrastrutture, e che hanno costi altissimi. Soltanto nel 2023, secondo i conti del colosso assicurativo Swiss Re, 142 catastrofi naturali hanno provocato 76'000 vittime, 108 miliardi di danni di perdite assicurate e 280 miliardi di danni totali. Altri 120 miliardi soltanto nei primi 6 mesi di quest'anno. Fenomeni che dal 1994 ad oggi aumentano a un ritmo compreso tra il 5% e il 7% ogni anno.
Mancanza di provvedimenti adeguati
Tornando alla ricerca tedesca, l'economia mondiale è avviata a una riduzione di reddito del 19% nei prossimi 25 anni. Ma in mancanza di provvedimenti adeguati, la perdita potrebbe salire al 60% al 2100. Il problema è che il mondo non sta prendendo provvedimenti adeguati. Le emissioni globali di CO2, il principale gas serra, nel 2023 sono aumentate dell'1,1% rispetto al 2022. USA ed Europa hanno tagliato le loro emissioni, rispettivamente del 7,4% e del 3%, ma Cina e India le hanno aumentate, dell'8,3% e del 4%. E in alcuni casi hanno contribuito anche i paesi più ricchi, che hanno spostato alcune produzioni inquinanti in quelli emergenti.