
Si tratta molto probabilmente del più grave scandalo della piazza finanziaria svizzera quello che ha costretto la FINMA a decidere che entro un anno BSI dovrà essere sciolta. Infatti, scorrendo il comunicato diffuso dall’autorità di sorveglianza vi è più di un motivo per sorprendersi per quanto è successo. Non si è trattato di comportamenti scorretti di uno o più impiegati dell’istituto, ma di una serie di operazioni condotte nel tempo (a Singapore) e conosciute dai dirigenti della banca in Ticino per “aiutare” esponenti politici malesi di primo piano a sottrarre 4 miliardi di franchi al fondo statale 1MDB e per fare in modo che attraverso la costituzione di società fittizie si perdessero le tracce di questi fondi. Non solo, la FINMA scrive di aver richiamato alla fine del 2013 la direzione di BSI ad essere molto cauta nelle relazioni con il fondo malese, ma a Lugano non si prestò attenzione all’avvertimento e si continuò ad operare con 1MDB. L’autorità di sorveglianza sostiene che l’istituto non ha cercato di indagare in modo adeguato sulla provenienza dei fondi, di aver aperto un centinaio di conti legati in qualche modo al fondo malese 1MDB, di aver effettuato transazioni, anche per centinaia di milioni di dollari, senza analizzare adeguatamente le ragioni economiche di queste operazioni, di aver dato a fondi sovrani di diversi Paesi fondi di notevole entità dell’ordine di centinaia di milioni senza chiarire i retroscena economici riguardanti la loro provenienza, di aver costituito società “fittizie” attraverso cui far transitare i fondi per farne perdere le tracce (a tal punto che la stessa banca non sa ricostruire come tali fondi sono stati impiegati). La FINMA ha quindi deciso di confiscare 95 milioni di franchi, che ritiene siano gli utili indebitamente realizzati grazie a queste operazioni, e di interdire i dirigenti dell’istituto dalle attività nel settore finanziario e di aprire un procedimento nei confronti di due ex funzionari. Dal canto suo, il Ministero pubblico della Confederazione ha aperto un procedimento penale contro BSI. Fin qui i fatti. Ora si impongono alcune considerazioni.
L’ingloriosa fine della BSI è un duro colpo non solo per la piazza finanziaria ma per l’intera economia ticinese. Scompare infatti un istituto che è stato protagonista per più di un secolo della storia economica del Cantone. Sparisce, inoltre, una banca con la sede centrale nel Cantone, pur essendo stata controllata negli ultimi decenni da gruppi esteri, un grande datore di lavoro e un importante contribuente per il Cantone e la Città di Lugano. La FINMA ha di fatto deciso la chiusura dell’istituto. Infatti ha demandato al gruppo EFG International il compito di rilevarne le attività per poi procedere allo scioglimento di BSI. Quindi, il gruppo che ha sede a Zurigo avrà mano libera nel numero e nella scelta dei dipendenti che integrerà e di quelli che lascerà a casa. Le prospettive appaiono dunque buie, anche perché vi sarà da valutare come reagiranno i clienti di BSI a questo vero e proprio terremoto (non si può escludere che alcuni trasferiscano i loro conti presso altre banche della piazza e che altri decidano di rimpatriarli). Dunque si tratta di un colpo durissimo per il mercato del lavoro ticinese e rischia di rivelarsi una vera e propria tragedia per molti dipendenti (e le loro famiglie) che avranno non poche difficoltà a trovare una nuova occupazione. Per dare un’idea visiva di quanto è accaduto, è bene tenere presente che dovremo abituarci alla scomparsa del marchio BSI e alla scoperta che tra pochi mesi avremo alcuni palazzi (attualmente occupati dai dipendenti della banca) vuoti e probabilmente anche in vendita.
Questa tragedia non cade dal cielo. Già lo scorso 16 febbraio il quotidiano inglese “Financial Times” aveva dedicato un’intera pagina allo scandalo malese. L’articolo iniziava con una lettera di congratulazioni scritta nel 2011 a un impiegato della filiale di Singapore da Alfredo Gysi. L’allora Ceo di BSI comunicava tra l’altro la corresponsione di 19 milioni di dollari americani quale segno di gratitudine per i servizi resi. Era il segnale fornito all’opinione pubblica che le autorità di Singapore, il Ministero della giustizia americano e le autorità svizzere stavano ottenendo sempre più numerose prove che la filiale di Singapore di BSI era stato lo snodo principale attraverso cui sono transitati fondi sottratti al fondo statale malese. Da allora a intermittenza si sono susseguite numerose rivelazioni di stampa fino al comunicato ufficiale diffuso ieri dalla FINMA. Questa notizia non è improvvisa, ma è il frutto di un lavoro di indagine che ha portato la nostra autorità di vigilanza a ritenere Direzione e Consiglio di Amministrazione corresponsabili delle violazioni delle norme contro il riciclaggio. Nel frattempo costoro hanno intascato cospicui bonus ed alcuni hanno anche trasferito il loro domicilio a Londra (forse anche per ragioni fiscali). Si tratta del drammatico epilogo di una cattiva gestione che aveva già portato BSI a perdere circa 2 miliardi di franchi di valore dal momento dell’acquisizione da parte del gruppo italiano Generali alla sua vendita ai brasiliani di BTG Pactual e che ora addirittura la porta all’estinzione.
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