
Le prospettive di Deutsche Bank continuano a far tremare il Governo tedesco. Infatti sembrano infondate le voci, secondo le quali sarebbe stato concluso un compromesso tra il Dipartimento della giustizia americano e i vertici della maggiore banca germanica. Come noto, Washington ha minacciato di infliggere una multa di 14 miliardi per la vendita scorretta di titoli in cui erano impacchettati i mutui subprime. La smentita di un’intesa è venuta dalle dichiarazioni dei leader parlamentari di CDU e di CSU che hanno parlato di una gestione americana della giustizia a fini estorsivi con l’obiettivo di indebolire i concorrenti di Wall Street. E non vi è dubbio che queste riflessioni sono corrette, poiché multe ingiustificate e nettamente superiori a quelle inflitte alle banche americane sono state appioppate alla francese BnpParibas (per aver violato le sanzioni contro l’Iran), alle banche svizzere e ad altre banche europee.
Ma in questo caso l’obiettivo non è distruggere o indebolire fortemente Deutsche Bank, ma piegare il Governo tedesco. Infatti non è interesse degli Stati Uniti provocare una crisi finanziaria in Europa che inevitabilmente colpirebbe anche Wall Street. L’obiettivo è invece mettere con le spalle al muro la Germania. Infatti le difficoltà innegabili di Deutsche Bank, che non sono solo dovute alla vertenza con le autorità americane, potrebbero costringere il Governo di Angela Merkel a dover intervenire per risollevare le sorti della maggiore banca tedesca. Ma un simile intervento creerebbe grandi problemi: sarebbe una violazione delle nuove norme bancarie europee che dicono che lo Stato può intervenire solo dopo aver chiamato alla cassa gli obbligazionisti (è il famoso bail in) e soprattutto sarebbe accolto molto male dall’opinione pubblica tedesca che appare già sempre più scettica nei confronti della cancelliera a causa dell’arrivo in Germania di oltre un milione di rifugiati.
Le ragioni sono politiche: l’idillio tra la Merkel ed Obama sembra tramontato. Per Washington Angela Merkel non ha evitato che Bruxelles decidesse che Apple paghi 14 miliardi per compensare i trucchi grazie ai quali ha eluso il fisco dei Paesi Europei e inoltre non sta riuscendo a salvare i negoziati Ttip, tesi a creare un’area di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea. Questi motivi hanno già irritato la Casa Bianca, ma a farle perdere la pazienza è il flirt tedesco e di una parte dell’Europa con la Russia di Putin. Per Barack Obama il Presidente russo è equiparabile ad un “diavolo” che continua a mettere in difficoltà la politica estera americana. E’ un nemico che bisogna assolutamente sconfiggere, poiché osa sfidare la supremazia statunitense.
E infatti a far saltare i nervi a Barack Obama sono i progressi delle trattative con la Gazprom russa sul cosiddetto Nord Stream 2. Si tratta di un gasdotto del costo di 11 miliardi di dollari e lungo 1'200 chilometri posato sui fondali del Mar Baltico che porterebbe direttamente il gas russo in Germania. La realizzazione di questo progetto azzererebbe le entrate di Ucraina e Polonia dovute ai diritti di transito del gas attraverso i loro Paesi e soprattutto annullerebbe il potere di ricatto di Kiev nei confronti di Mosca. Infatti il Nord Stream 2, che si affiancherebbe al nord Stream già in funzione toglierebbe a Washington la possibilità di interrompere il flusso di gas verso l’Europa grazie al Governo alleato al potere a Kiev e quindi di condizionare sia la Russia di Putin sia la Germania. Infatti negli Stati Uniti si teme che la dipendenza dall’energia russa farà inevitabilmente avvicinare sempre piu’ Mosca e Berlino. Ma non è facile bocciare questo progetto, poiché non è finanziato e gestito solo da Gazprom, ma anche da cinque società europee, ossia le tedesche BASF e Uniper, la francese Engie, l’austriaca OMV e l’anglolandese Royal Dutch Shell. Inoltre, i vantaggi economici per la Germania sarebbero considerevoli potrebbe diventare l’hub europeo del gas e disporre di energia preziosa (anche perché meno inquinante) a prezzi inferiori. Questa è la vera partita che sta dividendo Germania e Stati Uniti. A conferma di questa tesi, basti ricordare gli sforzi profusi da Washington negli anni scorsi volti a far fallire il South Stream un analogo progetto che attraverso Turchia e Grecia doveva portare il gas fino in Italia. Il successo delle pressioni americane è stato tuttavia di breve durata. Infatti dopo il fallito colpo di stato in Turchia, il presidente Erdogan ha cambiato completamente posizione e ha già dichiarato la sua disponibilità a far transitare il gas russo attraverso il suo Paese. Quindi, la politica americana di isolare la Russia e di tagliare le sue fonti di reddito sta fallendo. E dato che l’energia continua ad essere fondamentale anche dal punto di vista geostrategico, si capiscono l’irritazione di Washington e la minaccia di una multa miliardaria a Deutsche Bank. A quanto detto si deve aggiungere il rinnovo delle sanzioni contro la Russia, che come noto sono osteggiate da un numero crescente di Paesi europei.
In conclusione, hanno ragione i parlamentari tedeschi: gli Stati Uniti continuano ad usare la loro concezione della extraterritorialità per piegare ai loro interessi gli altri Paesi. C’è da sperare che l’Europa non si genufletta un’altra volta.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata