
IL PROGETTOE' proprio da questi presupposti che si sviluppa l'iniziativa svizzera, come ci ha confermato Mark Zumbühl, dell'associazione elvetica Pro Infirmis: «La forte necessità di queste figure è stata trasmessa allo staff direttamente dagli utenti dell'associazione e dai loro familiari e proprio per questo, nonostante l'abbandono del progetto, la posizione di Pro Infirmis sulla sua utilità è invariata, ma con essa anche la consapevolezza che solo un'associazione non dipendente da sostegni privati possa portarlo avanti».Nina de Vries, un’assistente sessuale formata, porta la sua esperienza personale a sostegno di questo progetto: «Talvolta accade che persone - principalmente con disabilità psichica - attirino l'attenzione su di sé, per comunicare bisogni di tipo sessuale, dimostrando aggressività, autolesionismo, generando situazioni estreme in cui genitori e assistenti non sanno più come comportarsi. Allora mi contattano e assieme cerchiamo di trovare una soluzione al problema. Di solito si tratta di persone con le quali devo instaurare uno speciale approccio dialettico, in quanto hanno delle esigenze sessuali che non sono in grado di gestire».
STORIA DI UN ASSISTENTEAnche uno degli assistenti, Franco Ginni, afferma che «attraverso il nostro servizio la persona disabile può provare con più sicurezza a rapportarsi con qualcuno, instaurando magari una relazione anche in termini affettivi». Lo stesso Ginni si sofferma sulle modalità iniziali di selezione degli assistenti: «Come altre 150 persone, ho risposto per iscritto ad un annuncio apparso su un giornale di Zurigo nel marzo del 2003. Solo 45 sono stati poi invitati ad un colloquio cui sono seguite altre due valutazioni tramite test scritti e orali».Come spiega de Vries, «la scelta delle persone ha richiesto molto tempo e numerosi test psicologici anche finalizzati a capire eventuali disagi mentali dei candidati, oltre a lunghi dialoghi con diverse figure professionali. Per le dieci persone che hanno deciso di portare a termine il percorso formativo, era chiaro quale sarebbe stato il loro compito: investigare su se stessi, sulla propria "maturazione sessuale" e naturalmente sulla motivazione più profonda a fare questo lavoro».
NON È PROSTITUZIONE«Certo - ha concluso De Vries - se si considera prostituzione ogni prestazione sessuale a pagamento, allora anche la mia attività lo è, ma se si pensa che la prostituzione sia sfruttamento delle persone per averne un guadagno economico, allora quello che faccio non ha nulla a che vedere con tutto ciò. Infatti, se riusciamo a sospendere il giudizio e ci fermiamo a riflettere, vediamo in modo diverso il lavoro di chi con cuore e rispetto si dedica ad uno scambio di dolcezza e di cure. Inoltre, diversamente da una prostituta, io non offro rapporti sessuali completi, e mentre una prostituta considera il denaro che guadagna la cosa più importante, per me al primo posto ci sono le persone e il tipo di interazione e di atmosfera che con esse riesco ad instaurare».
A cura di: www.uildm.org
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