
Il Saggio è una band ticinese di musica d’autore contaminata da blues, jazz e molto altro. Il fondatore, Filippo Leoni, si era già fatto notare nel 2012, quando ha partecipato con Chiara Dubey alla finale svizzera di Eurosong, scrivendo la musica e l’arrangiamento del brano che ha vinto il premio della giuria come miglior canzone. Dalle ceneri del suo precedente gruppo, i Griots, ha formato Il Saggio nel 2013, i quali hanno avuto occasione di suonare un po’ in tutta la Svizzera e in Italia, prima di recarsi in studio, nel 2017, per registrare il nuovo disco NaturaHumana. Questo disco verrà presentato il 29 marzo al Teatro Sociale di Bellinzona, abbiamo così colto l’occasione di farcelo raccontare un po’ da Filippo Leoni durante un’intervista che ci ha concesso.
Il titolo del disco è abbastanza eloquente, ci puoi parlare delle tematiche che tratta?Questo disco vuole raccontare un po’ gli istinti dell’uomo partendo dalle sue emozioni più viscerali che possono essere l’amore, la resilienza, l’egoismo, la violenza e tutti gli istinti più animaleschi presenti nella natura umana. Alcuni di questi temi sono molto ricorrenti un po’ in tutto il disco, ad esempio quello dell’egoismo e della violenza sono molto trattati nella canzone Nero, poi ci sono molte canzoni d’amore come ad esempio Compagni di banco, Il quarto treno,… Ci sono anche canzoni che parlano di migrazione, viaggio e di scoperta, come ad esempio Terra nuova.
Spaziate comunque molto tra un genere e l’altro, come nasce la vostra musica?Musicalmente, noi come trio, abbiamo tutti una formazione molto differente, anche nello stile. Viaggiando, specialmente io, riesco a portare sia a livello di strumenti che di melodie e sonorità, delle influenze che vanno poi a sommarsi a quella che è la nostra musica, perché partendo da quello che è un cantautorato che possiamo definire standard, si aggiunge molto blues, del jazz e un po’ tutti i suoni di una musica diciamo un po’ più etnica: nelle nostre canzoni si può trovare dell’Africa, del Sud America, molto anche degli Stati Uniti,… che sono tutte sonorità che abbiamo avuto modo di conoscere anche viaggiando. Lo stesso vale anche per gli strumenti, non ricordo esattamente quanti, ma nel disco sono presenti tanti diversi strumenti come percussioni, bouzouki, sitar,…quindi in generale ci piace molto lavorare con sonorità diverse e particolari.
Parlaci del concerto del 29 marzo…Il concerto all’incirca riproporrà quello che è il nuovo disco, NaturaHumana, per presentarlo. Ad ogni modo ci saranno anche delle parti multimediali, come ad esempio delle parti narrate per presentare determinate canzoni. In più abbiamo lavorato un po’ nel dettaglio per tutto ciò che concerne la programmazione delle luci, per lavorare sull’atmosfera e cercare un po’ di spettacolarità in più. Comunque durante il concerto ai pezzi del nuovo disco saranno anche alternati dei nostri vecchi brani.
Come si è sviluppata la scrittura dei vostri brani dagli inizi ad oggi?Sicuramente nel nostro lavoro si nota una continuità artistica, perché comunque le sonorità sono più o meno le stesse, se non un’evoluzione di ciò che abbiamo fatto anche in precedenza: ogni volta si costruisce qualcosa di nuovo partendo sempre dalle basi che avevamo prima. Ovviamente con il passare del tempo, avendo anche sempre nuovi stimoli e suoni da sperimentare, c’è sempre una crescita e un’evoluzione in ciò che facciamo, ma il nostro linguaggio rimane sempre lo stesso. È molto difficile spiegare a parole il nostro percorso creativo: principalmente scrivo io le canzoni, quando viaggio, quasi sempre ho con me la mia chitarra e un taccuino, così mi annoto quello che vedo, le storie che sento, così che tornando a casa, o anche durante il viaggio, scrivo delle canzoni che poi spesso vengono elaborate tutti insieme, specialmente con Ivo Gasparini, il batterista, così da arrangiarle in sala prove.
Avete già avuto modo di spingervi al di fuori del Ticino, come siete stati accolti?Io trovo che la musica non venga mai giudicata in base alla sua provenienza e questo è molto bello. Ci è capitato di suonare in Italia o in Svizzera interna e onestamente non ho visto grosse differenze tra quello che è il Ticino e quello che è fuori. Ad esempio abbiamo avuto ottimi riscontri specialmente dal nord Italia e dalla Svizzera interna, dove il pubblico effettivamente magari non capisce le parole dal momento che scriviamo in italiano, però la musica è musica, perciò se è fatta bene e se trasmette delle emozioni secondo me può comunque piacere a chiunque, indipendentemente dalla lingua. Da quello che ho potuto notare, che sia in Ticino, in Italia o ovunque abbiamo suonato fino ad ora, ho avuto l’impressione di trovare lo stesso tipo di pubblico, con la stessa accoglienza e calore.
Michele Sedili
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