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A Natale nuovo attacco di Wall Street contro l’euro
Redazione
11 anni fa
Intanto molti Paesi europei, tra cui l’Italia, preparano i piani per un’uscita dalla moneta unica

Si moltiplicano le rivelazioni di ricerche governative condotte per studiare l’uscita dalla camicia di forza rappresentata dall’euro e le voci di un nuovo attacco speculativo contro la moneta unica europea verso la fine dell’anno. Quest’ultima previsione non si fonda tanto su alcune anticipazioni giornalistiche, ma sul comportamento dei principali attori europei e sulla crescente insofferenza nei confronti di una moneta unica che finora ha assicurato solo un peggioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione. Si tratta ora di capire se si tratterà di una vera crisi dell’euro o di una “crisi funzionale” orchestrata per superare gli ostacoli (soprattutto tedeschi) di varare un enorme piano di acquisto di obbligazioni statali da parte della Banca centrale europea. Può apparire folle formulare una simile ipotesi quando i mercati finanziari sembrano scoppiare di salute e soprattutto quando le ultime rassicurazioni di Mario Draghi hanno fatto salire i corsi e, quindi, ridotto ai minimi storici anche i rendimenti dei titoli statali di numerosi Paesi europei in difficoltà. Ma ciò no deve stupire: è in corso una vera e propria fuga dalla realtà sia dei mercati azionari sia di quelli dei capitali sia negli Stati Uniti sia in Europa, a conferma del sempre maggiore scollamento tra l’andamento dei mercati e le precarie condizioni dell’economia reale. Ma torniamo all’Europa.

Venerdi’ scorso Mario Draghi ha dichiarato che la Banca centrale europea farà tutto quanto in suo potere per contrastare le aspettative di un ulteriore calo dell’inflazione e per invertire l’attuale dinamica dei prezzi in Europa. Le parole del presidente della Bce sono state interpretate come un’anticipazione che l’istituto di Francoforte si prepara a seguire le orme della Federal Reserve americana e a cominciare ad acquistare massicciamente i titoli statali dei Paesi europei e soprattutto di quelli in difficoltà. La reazione dei mercati è stata immediata i rendimenti sono fortemente scesi e le borse sono salite, nonostante il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, abbia dichiarato che la Bce non ha le basi legali per fare un simile passo. Dunque, il Nein teutonico si frappone al varo di un provvedimento invocato a gran voce dai mercati, che permetterebbe di sostenere il fragile castello di carta straccia prodotta dalla finanza, ma che sicuramente non farebbe uscire l’economia del Vecchio Continente dalla stagnazione. Come piegare la Bundesbank? E’ semplice, organizzando un attacco speculativo contro l’euro, che secondo le voci che si rincorrono sui mercati dovrebbe avvenire a fine anno. Attuare un attacco simile è un gioco da ragazzi per i grandi operatori di Wall Street. Basti ricordare che le obbligazioni detenute dai grandi fondi di investimento sono aumentate in modo esponenziale dopo la crisi finanziaria del 2008. Infatti si valuta che i maggiori fondi (che sono in maggioranza americani) detengono 7'300 miliardi di dollari di obbligazioni. Quindi una coordinata azione di vendita avrebbe effetti devastanti.

A questo punto bisogna chiedersi quale potrebbe essere l’obiettivo finale di un simile attacco. Si tratterebbe solo di una battaglia per piegare i tedeschi? E Berlino si piegherebbe ai diktat dei mercati? Oppure l’obiettivo è ancora piu’ ambizioso. Secondo alcuni, lo scopo sarebbe quello di mutualizzare il debito europeo (ossia di rendere europeo il debito sovrano dei Paesi europei in difficoltà) e quindi drenare la ricchezza dei Paesi europei piu’ forti per consegnarla ai grandi gruppi finanziari e distruggere un’Europa già molto debole. Per questo motivo la Germania si oppone ferramente all’idea di permettere alla Bce di mettersi ad acquistare i titoli statali europei, mentre Mario Draghi (referente dei poteri finanziari americani) sarebbe il “Cavallo di Troia” europeo della definitiva sconfitta economica del Vecchio Continente. Queste congetture sono il frutto di menti fantasiose oppure sono fughe di notizie vere di quanto si discute nei piani alti di Wall Street? La risposta l’avremo ben presto, vedendo quanto succederà dopo il prossimo Natale.

Ben piu’ credibile e confermata da diverse fonti è la notizia pubblicata dall’Observer, il periodico settimanale del britannico The Guardian, lo scorso 16 novembre. In base al giornale, il Governo italiano starebbe studiando l’uscita dall’euro e il ritorno alla vecchia lira nel giro di due anni. La notizia è stata confermata da altre fonti e soprattutto dal professore francese Sapir che avrebbe partecipato a questo gruppo di studio. Valutando la situazione drammatica dell’Italia, che ha un PIL che è inferiore del 10% a quello precedente lo scoppio della crisi finanziaria, potrebbe essere solo lo studio (doveroso e legittimo) di un piano B se l’economia europea non riuscirà ad uscire dalla crisi. Questa ipotesi è sempre più credibile anche alla luce del ridicolo piano di investimenti che annuncerà oggi Jean-Claude Juncker. Infatti la montagna ha partorito il classico topolino. Il presidente della Commissione europea è riuscito a raccattare unicamente 21 miliardi di euro che dovrebbero fungere da garanzia per finanziamenti privati che dovrebbero permettere un piano complessivo di 315 miliardi di investimenti. Si tratta di una vera presa in giro che non avrà alcun successo. Basti ricordare che il Governo francese aveva chiesto che l’Unione Europea mettesse sul piatto almeno 80 miliardi di euro di denaro fresco per poter sperare che questo piano di investimenti potesse decollare.

Dunque è comprensibile che l’Italia e gli altri Governi europei studino l’uscita dall’euro, anche perché la stagnazione dell’economia e il basso tasso di inflazione rendono matematicamente impossibile la riduzione del debito pubblico dei Paesi europei. Le politiche di austerità imposte da Bruxelles hanno l’unico risultato di aumentare la disoccupazione e di deprimere i redditi della stragrande maggioranza dei lavoratori europei senza ottenere alcuna riduzione dei debiti pubblici. E oggi l’euro è sempre più chiaramente una camicia di forza contro la quale si sta creando una vera e propria rivolta dei popoli europei. La questione quindi non è se l’euro sopravviverà, ma quanti mesi mesi di vita gli rimangono.

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