
Il cammino dell’Ucraina verso l’Ue non procede con la velocità auspicata da Kiev. La Francia, uno dei Paesi fondatori, ha spiegato che ci vorranno dai 15 ai 20 anni, perché è questa la tempistica prevista dai Trattati.
Una doccia fredda per Volodymyr Zelensky, che aveva respinto la proposta di compromesso avanzata da Emmanuel Macron su una “comunità politica europea” in cui far confluire rapidamente Stati non Ue. Il leader ucraino invece ha incassato il sostegno incondizionato del presidente polacco Andrzej Duda, che intervenendo al parlamento di Kiev ha chiesto ai partner europei più dialoganti con Mosca di lasciar decidere agli ucraini il loro destino.
E’ stato Clement Beaune, di recente promosso al rango di ministro delegato agli Affari europei nel nuovo governo Macron, a frenare le ambizioni dell’Ucraina, lanciando un appello al realismo. “Se diciamo che entrerà a far parte dell’Ue tra 6 mesi, 1 anno o 2 anni, stiamo mentendo. Non è vero. Probabilmente saranno 15 o 20 anni, non possiamo illuderli”, ha detto in un’intervista. “Nel frattempo dobbiamo agli ucraini un progetto politico in cui possano entrare”, ha proseguito, rilanciando il progetto dell’Eliseo: una comunità allargata “complementare all’Ue” che può offrire vantaggi “reali” ai nuovi entrati, come “la libera circolazione” o “parte del bilancio Ue per la ricostruzione”, nel caso dell’Ucraina.
La puntualizzazione del ministro francese è un ulteriore macigno sulle aspirazioni di Zelensky, che appena 24 ore prima aveva detto che “l’Ucraina non ha bisogno di alternative alla richiesta di entrare nell’Unione Europea”. Con Parigi, tra l’altro, è schierata anche Berlino, che nei giorni scorsi si è detta contraria ad una procedura più rapida rispetto a quella standard per l’adesione di Kiev per non scavalcare i Paesi dei Balcani che hanno da tempo lo status di candidati. Con tali premesse, il progetto di Macron, che sarà sul tavolo del consiglio dei leader a fine giugno, appare l’unica prospettiva praticabile nel breve periodo per l’Ucraina.
Parole più nette in favore di Zelensky sono state invece pronunciate dal presidente polacco Duda, il primo leader straniero a intervenire al parlamento ucraino. “Non mi fermerò finché l’Ucraina non diventerà un membro dell’Ue”, ha assicurato Duda di fronte ai deputati della Rada. In un messaggio, accolto tra gli applausi, che ha marcato anche l’intransigenza di Varsavia nei confronti della Russia. “Solo l’Ucraina ha il diritto di decidere il suo futuro, non ci possono essere negoziati o decisioni prese alle sue spalle”, ha avvertito il leader polacco, riferendosi alle “recenti voci che si sono alzate in Europa secondo cui Kiev dovrebbe cedere ad alcune richieste di Putin”.
Il leader polacco, nel suo intervento, ha dato voce alle preoccupazioni del blocco di Paesi ex sovietici (tra cui i baltici) che temono di essere i prossimi bersagli di Vladimir Putin. E si è rivolto ai partner occidentali che insistono per tenere aperto il canale con Mosca: “Se per la propria pace, per interessi economici o per ambizioni politiche, sacrificheranno l’Ucraina, anche solo un centimetro del suo territorio, sarà un duro colpo per il popolo ucraino, ma anche per la nostra l’intera comunità”, ha ammonito. Sottolineando inoltre che “dopo Bucha, Borodyanka e Mariupol, i rapporti con la Russia non potranno più tornare al business as usual”.
Il discorso di Duda è stato particolarmente apprezzato da Zelensky, che continua a insistere sul ritiro dei russi dai territori occupati come precondizione per la pace. Con Mosca, non a caso, le trattative sono in stallo da settimane, anche se il capo negoziatore Vladimir Medinsky ha inviato un nuovo segnale di “disponibilità” a riprendere i colloqui. Putin nel frattempo si appresta ad incontrare il suo principale alleato europeo, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che sarà ricevuto lunedì a Sochi. L’agenda ufficiale prevede un confronto sullo sviluppo delle relazioni bilaterali. Quella non ufficiale, con ogni probabilità, le prossime mosse in Ucraina.
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