Viviamo un’epoca che a dire il vero è ideale per i musicisti blues. Molte persone hanno il corona-blues. È un bene per il tuo lavoro?
No, non è un bene per l’attività musicale e neppure per il blues. Per essere un corona-blues sta durando un po’ troppo a lungo.
È corretto dire che il blues nasce da uno stato d’animo di tristezza?
Certo. Il grande compositore e autore di canzoni di Chicago, Willie Dixon, ha affermato: «The Blues are the true facts of life». Vale a dire una marea di emozioni. Il blues è anche intrattenimento. Il blues è anche gioia, ma la sua origine è senz’altro la malinconia. Malinconia che gli afroamericani ancora oggi devono sopportare.
Nato a Thun, attinente dell’Emmental, cresciuto in Ticino e vissuto a lungo negli USA. Dove ti senti a casa?
Mi sento a casa quando sono a Memphis, negli USA. Memphis ricorda un po’ Thun, anche come dimensione. Non troppo grande, senza grande agitazione, poca gente. Altrimenti mi sento a casa anche sul palco, luogo in cui incontro la mia band. Ovviamente però: la Svizzera è la mia patria, è una grande fortuna e ne sono felice e riconoscente.
Cosa vuoi smuovere con la tua musica?
Un caro amico mi ha detto che avrei reso felici le persone con i miei concerti. Se è così, se la mia musica riesce a risvegliare la gente e lascia una traccia allora sono felice anche io. Soprattutto però ho bisogno della musica; mi tiene in vita. Senza la musica non sarei più qui da un pezzo.
I tuoi concerti richiedono vicinanza. Alla Baloise Session @home lunedì terrai un concerto in livestreaming. Una sfida?
Sì, sicuramente! Sono felice però che alla Baloise Session @home nell’Atlantis di Basilea regni un’atmosfera da salotto, quindi non è così importante se gli ascoltatori sono nel locale o meno. Suoniamo assieme, ci possiamo guardare da vicino e di questo siamo veramente entusiasti. Attualmente suoniamo rarissimamente assieme. Sarà una bella esperienza.
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