
Sono migliaia le mutazione del virus SarsCoV2, ma da queste sono finora emerse poche varianti principali, diffuse nel mondo, vere e proprie sorvegliate speciali da chi segue l’andamento dell’epidemia. È stata segnalata recentemente anche una variante comparsa in Giappone che, secondo gli esperti, richiede ulteriori verifiche.
La comparsa della prima variante
La prima variante in ordine di comparsa è quella indicata con la sigla D614G , che si è diffusa in molto velocemente e che, come la maggior parte delle varianti in circolazione, riguarda la proteina Spike, che è la principale arma utilizzata dal virus per aggredire le cellule umane. Questa mutazione, identificata anche negli Stati Uniti, permette al virus di tramettersi più facilmente, ma non lo rende più letale.
La variante inglese
La variante inglese, indicata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7, è caratterizzata da ben 23 mutazioni, 14 delle quali sono localizzate sulla proteina Spike. È comparsa in Gran Bretagna in settembre ed è stata resa nota a metà del dicembre scorso. Finora è stata identificata in 33 Paesi, compresa la Svizzera. Anche in questo caso a preoccupare è il fatto che la mutazione rilevata nella posizione 501 della proteina Spike può rendere il virus più contagioso.
La variante sudafricana
È indicata con la sigla N501Y la variante del virus isolata in ottobre Sudafrica. Caratterizzata da una maggiore capacità di contagio e da una carica virale più alta, anche questa è legata a più mutazioni localizzate sulla proteina Spike.
Altre mutazioni
Altre mutazioni nella stessa proteina hanno portato alla variante N501T. Viene infine indicata con “cluster 5” la variante comparsa negli allevamenti di visoni in Danimarca e trasmessa all’uomo. Sono inoltre presenti le varianti 20A.EU1 e 20A.EU2, comparse in estate in Spagna e che si sono diffuse in Europa all’inizio dell’autunno.
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