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Trump rinvia i dazi sui farmaci e pensa a delle sanzioni per chi non delocalizza
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Ats
4 ore fa
I dazi Usa sui farmaci importati, ha spiegato un alto funzionario governativo, "sono stati momentaneamente sospesi". L'idea è quella di "avviare i preparativi per sanzionare le aziende che non intendono delocalizzare parte della loro produzione negli Stati Uniti o ridurre i prezzi".

I dazi del 100% sulle importazioni di farmaci negli Stati Uniti annunciati settimana scorsa da Washington e che, stando all'inquilino della Casa Bianca Donald Trump, sarebbero dovuti essere introdotti a partire da ieri, 1° ottobre, non entreranno ancora in vigore.

Dai dazi alle sanzioni

Lo ha confermato un alto funzionario governativo all'agenzia tedesca DPA, aggiungendo che la misura è stata momentaneamente sospesa senza però fornire maggiori informazioni o motivazioni. Gli Stati Uniti intendono piuttosto avviare i preparativi per "sanzionare" le aziende farmaceutiche che non intendono delocalizzare parte della loro produzione sul suolo americano o che non accettano di ridurre i prezzi dei propri medicinali, ha precisato. A livello globale nel settore aleggia quindi forte incertezza sulle modalità e sulle tempistiche di una possibile introduzione dei temuti dazi.

Le conseguenze per i colossi farmaceutici

L'industria farmaceutica elvetica, che figura tra i principali esportatori mondiali di farmaci e per la quale gli Stati Uniti rappresentano un mercato strategico, può tirare un momentaneo sospiro di sollievo. Stando agli analisti, colossi elvetici come Novartis e Roche, già radicati con filiali e siti produttivi in Nord America, potrebbero comunque risultare relativamente meno penalizzati rispetto a concorrenti con minore presenza diretta negli USA. Tuttavia, l'eventuale imposizione di dazi potrebbe incidere pesantemente sulla catena del valore globale e generare nuove pressioni per rivedere i modelli di produzione e distribuzione.

L'obiettivo di Trump

L'obiettivo di Trump è quello di spingere l'industria a trasferire la propria produzione farmaceutica sul suolo americano incentivando lo sviluppo domestico e al tempo stesso ottenere una riduzione dei prezzi dei medicinali. Per la Confederazione si tratta di un segnale allarmante: l'industria farmaceutica elvetica rappresenta infatti uno dei principali motori della crescita economica, contribuendo per quasi il 10% al prodotto interno lordo. Dal 2020 genera circa il 40% dell'incremento annuo dell'economia e garantisce oltre la metà delle esportazioni nazionali. Proprio per anticipare possibili, pesantissimi balzelli doganali, Roche e Novartis avevano già annunciato in primavera nuovi investimenti negli Stati Uniti. Novartis prevede di destinare 23 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni a nuovi siti di produzione e centri di ricerca, mentre Roche ha annunciato un piano da 50 miliardi lungo lo stesso arco di tempo per potenziare la propria capacità produttiva.