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Trump celebra i suoi primi sei mesi: "un anno fa eravamo morti, ora siamo il Paese più rispettato al mondo"
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Keystone-ats
11 ore fa
Sul suo social Truth, il presidente degli Stati Uniti ha affermato: "In altre parole abbiamo fatto molte grandi cose, inclusa la fine di varie guerre in Paesi non legati a noi. Sei mesi non sono un lungo periodo per il rilancio di un Paese importante".

"Oggi è l'anniversario dei sei mesi del mio secondo mandato", considerato "come uno dei periodi più significativi di qualsiasi presidente". Lo afferma Donald Trump sul suo social Truth augurando a tutti buon anniversario.

"Siamo il paese più rispettato"

"In altre parole - prosegue il presidente Usa - abbiamo fatto molte grandi cose, inclusa la fine di varie guerre in Paesi non legati a noi. Sei mesi non sono un lungo periodo per il rilancio di un Paese importante". "Un anno fa eravamo morti, con quasi nessuna speranza di rilancio. Ora siamo il Paese più rispettato al mondo", ha aggiunto il tycoon.

Lo scandalo Epstein

Sulle celebrazioni, però, aleggia l'ombra dello scandalo di Jeffrey Epstein. Anche se i malumori all'interno del mondo Maga sembrano rientrare, il movimento resta inquieto e frustrato di fronte all'impossibilità di accedere alle carte dell'ex finanziare morto in carcere. Il Wall Street Journal, con la pubblicazione di una lettera del 2003 di Trump a Epstein, ha ricompattato in parte i sostenitori del presidente "vittima" delle fake news. E anche la richiesta al giudice di diffondere le trascrizioni delle testimonianze al gran giurì ha calmato le acque. Ma quanto durerà è tutto da vedere. In Congresso, in un raro slancio bipartisan, molti chiedono alla ministra Pam Bondi di pubblicare le carte che ha già in mano, nell'attesa della decisione del giudice sul gran giurì che potrebbe richiedere tempo.

Trump "vittima" delle fake news

Nonostante le tensioni, Trump ha ostentato sicurezza. "I miei numeri nei sondaggi all'interno del partito repubblicano e del Maga sono aumentati da quando è stata scoperta la bufala di Jeffrey Epstein. Hanno raggiunto il 90%, il 92%, il 93% e il 95% in vari sondaggi", ha detto sul suo social Truth. Il caso Epstein ha innervosito il movimento Maga, che per la prima volta si è spinto a criticare il presidente. La pubblicazione della lettera di Trump a Epstein però sembra iniziare a ricompattarlo in quanto Trump viene considerato una "vittima" delle fake news che continuano a girare sui vari portali. Eppure per un presidente che è sopravvissuto a molti scandali, Epstein appare un test che si sta dimostrando più difficile del previsto da superare e che rischia, è la convinzione della Casa Bianca, di offuscare i risultati finora ottenuti dall'amministrazione.

Trump contro i democratici

Il pugno duro sull'immigrazione, la guerra dei dazi, il cambio di posizione in Ucraina e il taglio delle tasse sono i successi che Trump vorrebbe rivendicare davanti ai suoi, al momento però tutti concentrati su Epstein. Uno scandalo che, a suo avviso, è una "bufala" creata dai democratici. Proprio contro i liberal Trump e il suo governo stanno alzando il tiro: il presidente ha accusato Barack Obama e i suoi "delinquenti" di frode elettorale dopo che la direttrice all'intelligence, Tulsi Gabbard, avrebbe trovato prove in grado di dimostrare che i funzionari dell'amministrazione Obama hanno manipolato e nascosto informazioni sulle interferenze russe sul voto del 2016 per indebolire Trump.

Le tensioni con Israele

Intanto, sale la frustrazione dell'amministrazione Trump contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu dopo gli attacchi in Siria. "Bibi si è comportato come un pazzo. Bombarda tutto in continuazione", ha detto un funzionario della Casa Bianca ad Axios, osservando come le azioni di Netanyahu potrebbero "indebolire quello che Trump sta cercando di fare". Secondo un altro funzionario Netanyahu è fuori controllo e ha il grilletto facile. "Netanyahu a volte è come un bambino che non si comporta bene", ha aggiunto.

I democratici provano a guardare al futuro

I festeggiamenti per i primi sei mesi alla Casa Bianca cadono a un anno (era il 21 luglio 2024) dalla decisione di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca e lanciare Kamala Harris alla presidenza. Dodici mesi che non sono stati ancora sufficienti ai democratici per ritrovare se stessi e guardare avanti. Il partito - riporta il New York Times - sta compiendo "un'autopsia" di cosa sia andato male lo scorso anno, ma l'esame non toccherà le decisioni di Biden e Harris, quasi a esonerare dalle loro responsabilità i vertici del partito complici, secondo molti, del tracollo alle urne. Mentre l'esame è in corso i liberal lavorano alle elezioni di metà mandato e guardano al 2028. I papabili candidati sono già all'opera, tastando il terreno negli Stati chiave e cercando di non ripetere gli errori che hanno consentito a Trump di tornare alla Casa Bianca.