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Strasburgo nega il diritto di denunciare il Vaticano
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Keystone-ats
3 anni fa
La Corte europea dei Diritti dell’uomo ha rigettato oggi 24 querelanti che avevano citato in giudizio il Vaticano dinanzi ai tribunali belgi senza successo per atti di pedofilia commessi da preti cattolici

La Santa Sede non può essere chiamata in giudizio per i casi di abusi sessuali commessi dai sacerdoti nei vari Paesi. Lo ha stabilito la Corte Corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo, che oggi ha rigettato 24 querelanti che avevano citato in giudizio senza successo il Vaticano dinanzi ai tribunali belgi per atti di pedofilia commessi da preti cattolici. La Cedu ha invocato in particolare “l’immunità” della Santa Sede riconosciuta dai “principi di diritto internazionale”. I ricorrenti, di nazionalità belga, francese e olandese, erano stati respinti dai tribunali belgi, che avevano invocato l’immunità giurisdizionale della Santa Sede. La Cedu, che si esprime per la prima volta su questo tema, si è pronunciata a favore dei tribunali belgi.

Sentenze analoghe a quella odierna di Strasburgo si erano avute negli anni passati anche in tribunali degli Stati Uniti, su denunce similari rivolte al Vaticano, e addirittura al Papa, da parte di vittime di preti pedofili. “La Corte ritiene che il rigetto (...) non abbia deviato dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti in materia di immunità dello Stato” e che si applicano al Vaticano, ha osservato La Cedu in una nota. Il tribunale di Strasburgo ha quindi concluso che non vi era stata violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul “diritto di accesso a un tribunale” invocate dai ricorrenti, che hanno sostenuto di essere stati impediti dal far valere in civile le loro rimostranze contro il Vaticano.

Essi avevano intentato nel 2011 in Belgio un’azione civile collettiva per risarcimento contro il Vaticano, i vertici della Chiesa cattolica in Belgio e le associazioni cattoliche, ricorda la Corte nel suo comunicato. Hanno chiesto un risarcimento a causa “del danno causato dal modo strutturalmente carente in cui la Chiesa avrebbe affrontato il problema degli abusi sessuali al suo interno”, secondo la stessa fonte. Il Vaticano “ha caratteristiche paragonabili a quelle di uno Stato”, notano inoltre i giudici europei. E ritengono che la giustizia belga avesse quindi il diritto di “dedurre da queste caratteristiche che la Santa Sede era un ente sovrano straniero, con gli stessi diritti e doveri di uno Stato”. “Il totale insuccesso dell’azione dei ricorrenti deriva in realtà” da “scelte procedurali” da essi “non modificate” durante il procedimento “per chiarire e individuare i fatti a sostegno delle loro azioni”, conclude la Corte. Paese non membro del Consiglio d’Europa, quindi fuori dal campo di applicazione della Corte europea, la Santa Sede non è stata direttamente interessata dal procedimento davanti alla Cedu, braccio giuridico del Consiglio. La Conferenza episcopale del Belgio e il Vaticano erano stati, tuttavia, autorizzati a intervenire nella procedura scritta in qualità di terzi intervenienti.

La decisione di Strasburgo arriva a pochi giorni dalla pubblicazione dei lavori della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase) in Francia, che ha stimato in 216.000 il numero delle persone vittime di sacerdoti o di religiosi a partire dagli anni ‘50, o addirittura 330.000 se si aggiungono gli aggressori laici nell’ambito delle istituzioni della Chiesa.

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