
Aisha Ibrahim Duhulow, la ragazza lapidata la scorsa settimana dagli integralisti islamici nel sud della Somalia aveva 13 anni, e non 23 come dichiarato dalle autorità, e l'accusa di adulterio era falsa: è stata usata per nascondere la circostanza che la bimba era stata violentata da tre miliziani mentre si stava recando a piedi dalla nonna, ed aveva denunciato l'accaduto. E' quanto ribadisce oggi l'Unicef, l'organizzazione Onu per la difesa dell'infanzia, in un comunicato diffuso a Nairobi. La lapidazione era avvenuta lo scorso 27 ottobre a Chisimaio, città strategica, con porto ed aeroporto, controllata da al Shabaab, ribelli islamici che sono considerati il braccio armato somalo di al Qaida. Aisha è stata uccisa da un gruppo di 50 uomini che l'ha lapidata a morte all'interno di uno stadio, di fronte a un migliaio di spettatori. Aisha era arrivata a Chisimaio tre mesi fa, proveniente dal campo profughi di Hagardeer, in Kenya. Nella città portuale somala, era stata stuprata da tre uomini e si era rivolta ai miliziani di "al Shabaab" per ottenere giustizia. Ma nessuno dei tre stupratori è stato arrestato. La denuncia di Aisha ha ottenuto come risultato il suo arresto, l'accusa di adulterio e la lapidazione. Un uomo, che si è qualificato come lo sceicco Hayakalah, aveva dichiarato a Radio Shabelle, un'emittente somala: "Lei stessa ha fornito le prove, ha confessato ufficialmente la sua colpevolezza e ci ha detto che era contenta di andare incontro alla punizione della legge islamica". Secondo i testimoni oculari raggiunti da Amnesty International, invece, Aisha ha lottato contro i suoi carnefici ed è stata trascinata a forza nello stadio. Qui la ragazza è stata sepolta lasciando emergere solo il collo e la testa e i 50 uomini addetti all'esecuzione hanno iniziato a colpirla, usando le pietre appena scaricate da un camion. A un certo punto, è stato chiesto ad alcune infermiere di verificare se la ragazza fosse ancora viva; fatto ciò, la lapidazione è ripresa fino alla morte della ragazza. ATS
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