
Due fumate nere oggi all’elezione del presidente italiano, che sarà chiamato a sostituire Sergio Mattarella. Stamane la quinta votazione di Montecitorio ha “bruciato” anche la seconda carica dello Stato, cioè la presidente del Senato Elisabetta Casellati. Con il suo nome, proposto a sorpresa ieri notte, Matteo Salvini ha cercato lo strappo basandosi sui voti del solo centrodestra, ma il tentativo è fallito.
L’elezione del nuovo presidente si trascina da lunedì in Parlamento, con un succedersi di astensioni e schede bianche sia a destra sia a sinistra, in mancanza di un accordo sul nome. Oggi i partiti avevano deciso di cambiare marcia, tenendo due turni di scrutinio invece di uno, ma le speranze che un candidato frutto del consenso potesse emergere sono svanite nel corso della giornata.
Stamane, Casellati si è fermata a 382 preferenze non riuscendo quindi a rompere lo stallo. Non si è delineato nessun potenziale vincitore, e le astensioni l’hanno fatta da padrone: sono state ben 406. Sergio Mattarella ha ottenuto 46 voti, 38 sono andati a Nino Di Matteo, 8 a Silvio Berlusconi, 7 ad Antonio Tajani e altrettanti a Marta Cartabia. Pier Ferdinando Casini ha incassato 6 voti mentre Mario Draghi ne ha ottenuti 3 ed Elisabetta Belloni 2. Le schede bianche sono state 11, le nulle 9. In tutto i votanti 530, i presenti 936.
Laceraziomi e schede bianche
Dopo il flop della Casellati è apparsa più evidente la lacerazione interna al centrodestra: nella seconda chiamata odierna infatti lo schieramento ha cambiato tattica e si è astenuto. Il centrosinistra ha invece votato scheda bianca. E così è finita con un nulla di fatto anche la sesta votazione, tenutasi alle 17. L’esito ha visto balzare in avanti Mattarella, con 336 voti. Gli astenuti sono stati 445 mentre le schede bianche sono state 106. Di Matteo ha ottenuto 41 voti, Casini 9, Luigi Manconi 8. Draghi e Cartabia ne hanno incassati 5, Belloni 4, Giuliano Amato 3, Casellati 2. I presenti in tutto sono stati 976 e i votanti 531.
Anche se tutti i partiti politici rappresentati in parlamento, ad eccezione dell’estrema destra dei Fratelli d’Italia, fanno parte della coalizione che sostiene il governo del primo ministro Mario Draghi, la destra, la sinistra e il Movimento 5 Stelle non sono riusciti a trovare neppure questa volta un consenso. Sono quindi piovute dal centrosinistra le accuse di irresponsabilità per aver mandato al massacro la seconda carica dello Stato ed è ripartita la girandola di riunioni, contatti e telefonate.
Elezione a breve termine appare improbabile
Due nuovi round sono previsti per domani, ma di fronte allo stallo di un parlamento totalmente frammentato, l’elezione di un presidente a breve termine appare altamente improbabile. Draghi era il favorito prima delle elezioni, ma molti parlamentari sono riluttanti a votare per lui, temendo che la sua partenza destabilizzerebbe l’esecutivo al punto da far scattare elezioni anticipate prima della fine della legislatura nel 2023. La sua partenza minerebbe anche la ripresa della terza economia della zona euro e l’attuazione delle riforme necessarie per godere delle decine di miliardi di euro del piano di ripresa europeo post-Covid, di cui l’Italia è il principale beneficiario. Ma senza un accordo su un’altra candidatura, alcuni analisti tornano a vedere in lui un possibile futuro presidenziale.
Il risultato delle elezioni presidenziali italiane, senza candidati ufficiali e a scrutinio segreto, è tradizionalmente difficile da prevedere. Ad oggi, il record per l’elezione più lunga è detenuto da Giovanni Leone, eletto nel 1971 al 23° scrutinio.
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