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Quando l’arma è la penna. Il giornalismo in Ucraina dopo due anni e mezzo di guerra
© nsju.org
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11 giorni fa
A oltre due anni dall'inizio della guerra, abbiamo voluto capire le difficoltà con cui sono confrontati i media in Ucraina, in particolare nelle zone occupate e al fronte. Ne abbiamo parlato con tre giornalisti ucraini.

I recenti tagli annunciati dal gruppo Tamedia sono sicuramente una decisione che ha portato scompiglio nel settore mediatico svizzero, ma c’è chi sta peggio: pensate che in Ucraina un terzo dei media sono stati costretti a chiudere a causa della guerra attualmente in corso. Come sopravvivono quelli rimasti? Perché e come continuano a lavorare? Inoltre, possono davvero adempiere al loro mandato, criticando ad esempio il governo di Kyiv? Abbiamo provato a capirlo intervistando alcuni addetti ai lavori attivi in Ucraina.

È difficile immaginare cosa farebbe ognuno di noi se la guerra iniziasse in Svizzera. In particolare, se si riveste una professione legata alle infrastrutture e alla sicurezza, come pompieri, poliziotti, medici e ovviamente militari, che sarebbero naturalmente obbligati a restare e fornire le loro prestazioni. Qualcuno potrebbe anche pensare di abbandonare la propria residenza per trasferirsi in un posto sicuro. Inoltre, per un paese che per quasi 200 anni non ha mai visto un conflitto, è ancora più difficile immaginare le conseguenze che la guerra porterebbe con sé. Ogni giorno si leggono e vedono notizie dall’Ucraina. I flussi d’informazione su quanto accade non sono sempre percepiti nella loro interezza, ma indipendentemente dal fatto che si "indossino occhiali rosa" o che si sia veramente informati, la Russia ha nuovamente iniziato una guerra in Europa, che al momento sembra impossibile fermare.

Un lavoro pericoloso

Il giornalista è un professionista che spesso resta dietro le notizie, raccontando i fatti e non le difficoltà che incontra nella sua attività. In Ucraina, ci raccontano i nostri interlocutori, non è tra i mestieri più sicuri: chi decide di restare deve affrontare molte difficoltà, come accade anche in altri paesi, ma spesso i reporter ucraini mettono anche a rischio la propria vita. Oleksandr Yukhymets è caporedattore di un media online con un focus culturale nella città ucraina occidentale di Cernivtsi. Lo intervistiamo alcuni giorni prima che parta per il fronte per servire il suo paese con le armi. Nonostante Cernivtsi sia ancora sicura e non sia mai stata bombardata, alcuni dei suoi giornalisti rischiano spesso la vita. "Lavorare come giornalista, secondo me, è diventato più pericoloso, soprattutto per chi deve raccontare la cronaca dal fronte", racconta Yukhymets, spiegandoci di esser stato inseguito e pedinato dopo aver scritto alcuni articoli su temi politici che "non sono piaciuti ai diretti interessati".

Si può criticare Zelensky in Ucraina?

Una guerra può portare cambiamenti significativi nella vita di una persona e nella quotidianità di un paese. La libertà di parola è aumentata negli ultimi dieci anni, ma ora la situazione è cambiata, come racconta Lina Kushch, Prima Segretaria dell’Unione Nazionale dei Giornalisti dell’Ucraina. "Dall’inizio della guerra c’è stato un periodo in cui i media non hanno mosso alcuna critica verso il governo di Kyiv, cercando di non trasmettere un messaggio negativo in un momento di difficoltà. Anche alcuni giornalisti investigativi hanno interrotto la loro attività. In seguito, però, abbiamo capito che le violazioni della legge da parte delle autorità ucraine e la corruzione non sono sparite. A questo si aggiungevano alcune importanti riforme per il paese che venivano bloccate a causa delle leggi marziali. Di conseguenza, i giornalisti hanno ripreso a criticare le autorità, anche con l’intento di provocare alcuni cambiamenti all’interno dell’esecutivo. Tuttavia, ci sono ancora team giornalistici che continuano a mantenere una linea solo pro-governativa".

Più di una critica

Lina Kushch ha citato esempi in cui, giustificandosi con la legge marziale, all'inizio della guerra il Ministero della Difesa ha chiuso i registri delle spese per le Forze Armate, impedendo alla società e ai giornalisti di vedere dove vanno a finire i soldi e come il governo li utilizza. Questo ha dato mano libera ai politici corrotti. È successo, ad esempio, che il Ministero della Difesa ucraino abbia comprato delle uova a dei prezzi ingiustificatamente alti, fino a tre-quattro volte superiori il prezzo di mercato. Tuttavia, la scoperta di questo fatto da parte dei giornalisti investigativi e il conseguente clamore nella società hanno costretto i deputati a Kyiv a riaprire i registri delle spese. Kushch ha anche parlato di altri esempi in cui, grazie ai giornalisti, alcuni ministri sono stati sostituiti, un compito che risulta ancora più difficile in assenza di elezioni e con la legge marziale.

Limitare la parola per la sicurezza

Liubov Vasylyk, responsabile della cattedra di giornalismo all’Università Nazionale di Cernivtsi ed esperta di media, spiega che ci sono alcune limitazioni alla libertà di stampa dovute a motivi di sicurezza. Per esempio, non si possono pubblicare e trasmettere immediatamente le immagini delle conseguenze di bombardamenti, ma devono passare almeno tre ore. Per parlare con i militari ci vuole un permesso. Se si filmano o intervistano soldati, è necessario un accredito da parte delle autorità militari. Tutto ciò è una questione di sicurezza per l’esercito, al fine di evitare che il nemico corregga il suo tiro, poiché i russi monitorano attentamente anche i media ucraini. È quindi assolutamente vietato mostrare eventuali obiettivi militari, per esempio basi, trincee, aeroporti militari. "Quando ho lavorato come giornalista per un sito, per parlare con una dottoressa militare e con lo psicologo militare che aiuta le persone con traumi legati alla guerra, ho avuto bisogno di un permesso dalla Guardia Nazionale".

Zone “nere” per giornalisti

Nonostante i problemi di elettricità e le limitazioni per alcune pubblicazioni, la vita dei giornalisti nelle regioni controllate da Kyiv può sembrare migliore rispetto a quella di chi si trova nelle zone occupate dall’esercito russo. In queste ultime, le autorità di Mosca tengono sotto controllo gli attivisti, le famiglie dei militari ucraini e i giornalisti. "Va ricordato che un giornalista ucraino in quelle zone non può lavorare legalmente; tutti sono schedati e controllati dalle autorità russe, che li chiamano e si presentano a casa, spesso facendo pressione su questi professionisti per farli passare ‘dall’altra parte’ e lavorare sotto il regime di Mosca. Chi non accetta mette in pericolo la propria vita e quella dei suoi familiari".

Mi hanno ammanettato al termosifone
Oleksandr Gunko

Una pratica molto usata dalle autorità russe in Ucraina è il sequestro di persona. I russi hanno rapito, ad esempio, Oleksandr Gunko, il redattore di un sito web della città di Nova Kakhovka, nella regione di Kherson. La sua storia completa si può leggere qui. Nonostante l’occupazione, Gunko ha continuato a lavorare, chiamando “i russi e Putin 'nemici e occupanti'”. Per questo è stato arrestato dalle autorità russe tre volte. Racconta del suo primo arresto: "Hanno perquisito l'appartamento, sequestrato un computer portatile, uno smartphone, un telefono, macchine fotografiche e videocamere. Mi hanno trascinato alla stazione di polizia militare russa. Mi hanno rinchiuso in un ufficio e mi hanno ammanettato a un termosifone, seduto su una sedia di legno duro. E così mi hanno lasciato per tre giorni. Durante questo periodo mi hanno dato da mangiare solo una volta, il secondo giorno, con porridge per soldati. Era impossibile dormire. Tre o quattro volte al giorno mi portavano in bagno. Questo era l’unico momento in cui potevo alzarmi dalla sedia. E per tutti e tre i giorni mi hanno interrogato gli agenti del Servizio di Sicurezza russo".

Gunko ha anche raccontato che, oltre a essere infastiditi dalla sua linea editoriale filo-ucraina, i russi volevano farlo passare dalla loro parte. Gli chiedevano anche informazioni sugli attivisti locali e sui partecipanti alla guerra del Donbass. “Di fronte a dove ero seduto, ammanettato, c’era un’altra stanza dove ogni giorno venivano portate delle persone per poi essere torturate. Sentivo suoni orribili: urla, colpi, ossa che scricchiolavano... Le persone erano molto depresse e cercavano di non parlare di ciò con nessuno, se non sussurrando agli amici più cari".

Continuare a lavorare per le future generazioni

Anche dopo i tre arresti subiti, Gunko non ha mollato. Alla fine, i russi hanno smesso di chiedergli di passare dalla loro parte, ma gli hanno proibito di lavorare come giornalista. Tuttavia, lui ha continuato: "Io sono un giornalista, sono un cronista del presente, devo parlare agli altri, ma anche raccontare alle generazioni future di ciò che accade in Ucraina". Con l’aiuto di organizzazioni giornalistiche, Oleksandr Gunko è riuscito infine a fuggire nell’ovest del paese.

Fuggire dalle terre occupate è pericoloso e costoso
Lina Kushch

Nelle zone occupate, i russi bloccano intenzionalmente o limitano la rete telefonica e la connessione internet, perché non vogliono che il mondo venga a conoscenza dei loro crimini. Un altro loro obiettivo è di isolare la popolazione locale. In queste aree, gli occupanti diffondono la loro propaganda e notizie false contro l’Ucraina. “Fuggire dalle terre occupate è pericoloso e costoso. Passare attraverso Russia, Lettonia, Lituania e Polonia per raggiungere le zone controllate dagli ucraini può costare fino a 350 euro per persona. Lungo le strade delle terre occupate ci sono diversi posti di blocco, dove si rischia di essere arrestati. Il viaggio è lungo e richiede una preparazione accurata. In questo ambito, i nostri consigli sono stati molto utili a molti”, dice Lina Kushch. Questa testimonianza è confermata dalla storia della giornalista Vita Kopenko. della regione di Kherson. Dopo aver ricevuto varie minacce da collaboratori locali e russi e aver rifiutato di collaborare, ha dovuto affrontare un viaggio difficile di cinque giorni per riuscire a raggiungere l'Ucraina.

Lavorare fino all’ultimo

I giornalisti in prima linea svolgono un lavoro encomiabile. Lo dimostra il giornale di Bakhmut, che continuava a distribuire giornali alla popolazione, fornendo informazioni sull’evacuazione e invitando i locali a mettersi in salvo, fino agli ultimi giorni prima della conquista della città da parte dei mercenari del gruppo Wagner.

Scrivere del proprio paese da mille chilometri di distanza

I giornalisti che sono riusciti a scampare all’occupazione o all’incarcerazione russa spesso continuano a scrivere delle loro terre natie dalla nuova regione in cui si trovano. Liubov Vasylyk afferma: “I redattori della città di Sievierodonec’k, nel Donbas, ora operano da Cernivtsi (vicino alla Romania), da dove continuano a scrivere della cronaca di entrambe le regioni”.

Quali professionisti sono più in difficoltà?

La quantità di queste storie è proporzionale all’estensione delle aree occupate, ma anche alle spalle dei soldati ucraini, dove la guerra non è ancora arrivata, non mancano problematiche. Se si chiedesse a qualunque redattore in Ucraina quali sono i problemi principali, è probabile che menzioni le difficoltà finanziarie e la carenza di personale. “Per noi, il problema finanziario è molto serio; cerchiamo altri modi per trovare fondi, come sovvenzioni o contratti pubblicitari”, commenta Yukhymets, caporedattore di Shpalta, che ha dedicato molta attenzione a questa questione. Le difficoltà finanziarie portano inevitabilmente a problemi di personale: lo stipendio medio di un giornalista locale non è elevato, anzi. Inoltre, alcuni, dopo aver iniziato a esercitare la professione, rimangono delusi e poi lasciano. Oleksandr, per far fronte alla carenza di personale, mantiene i contatti con la cattedra di giornalismo dell’università locale per eventuali assunzioni.

Un sito web senza elettricità

Nonostante i continui attacchi russi alle infrastrutture energetiche ucraine, che rendono problematico l'accesso all’elettricità, l’attività dei giornalisti non si ferma, ma si adegua. È il caso di Oleksandr Yukhymets e della piattaforma online Shpalta. “Non potevamo montare i servizi video per poi pubblicarli sul nostro sito. Siamo stati costretti a pianificare tutte le nostre attività in maniera molto precisa, adattando i nostri orari alle fasce della giornata in cui c’era l’elettricità. È un problema che si ripresenterà anche il prossimo inverno".

Abbiamo visto chilometri di tubi, tonnellate di risorse… ma non il bisogno sociale di informazione
Lina Kushch

“Nessun piano di ricostruzione dell’Ucraina, presentato a Lugano, Berlino o Londra, prevede un aiuto ai media indipendenti”. Nell’intervista la Prima Segretaria dell’Unione Nazionale dei Giornalisti Lina Kushch sottolinea l’importanza dei media locali e afferma che, purtroppo, il governo ucraino non vuole sostenerli. “I giornalisti locali devono essere considerati non come un semplice oggetto che si limita a lodare le autorità e a parlare del processo di ricostruzione, ma come soggetto attivo, che deve controllare come vengono spesi i soldi, anche quelli che ci daranno per il rinnovo del territorio”. A questo proposito, secondo Kushch, i media locali sono una vera e propria “infrastruttura” essenziale, che garantisce il servizio informativo.

Attualmente alcuni media locali esistono ancora grazie soprattutto al sostegno delle organizzazioni giornalistiche e ai fondi internazionali. Ad esempio, dal 2022, la fondazione svizzera Hirondelle aiuta i media ucraini a sopravvivere in questi tempi difficili.

Formare nuovi giornalisti

Anche formare i futuri giornalisti è diventato più complicato, specialmente quando le lezioni non si tengono in aula. “Non abbiamo sempre una connessione internet di qualità”, spiega la responsabile della cattedra Liubov Vasylyk. “Inoltre, ci sono i blackout programmati. Dobbiamo trovare modi per essere più flessibili. Se una lezione era stata pianificata per una determinata ora, cambiamo l’orario. Tuttavia, spesso succede che gli orari delle lezioni non coincidano con i momenti in cui i nostri studenti hanno l’elettricità. Per questo è molto difficile coprire l'intero flusso di studenti con l'insegnamento”. 

Nonostante le difficoltà, l’Università ha adattato il programma, aggiungendo nuove materie come “IA in giornalismo”, “Sicurezza personale dei giornalisti”, “Giornalismo di guerra” e “Mass media non istituzionalizzati” (come Telegram, Instagram, TikTok). Tuttavia, secondo la responsabile della cattedra, alcune materie, come il montaggio video o il fotogiornalismo, sono quasi impossibili da insegnare a distanza perché richiedono pratica diretta.

Dall’inizio dell’invasione, l’Università ha accolto nei suoi dormitori molti rifugiati dalle regioni sotto attacco. Uno degli insegnanti di giornalismo combina il suo lavoro con l’attività di volontariato, aiutando le vittime di guerra e portando aiuti umanitari. “Ha già chiesto molte volte di cambiare gli orari delle lezioni”, dice con un sorriso Vasylyk.

Il fenomeno di Telegram

Alcuni canali di informazione su servizi di messaggistica istantanea hanno un pubblico più vasto rispetto ai media tradizionali. E in Ucraina è Telegram a primeggiare in questa categoria. Oleksandr Yukhymets spiega questa popolarità, sottolineando che i canali Telegram spesso non sono affidabili: “La gente oggigiorno tende a fidarsi maggiormente di fonti di informazione non convenzionali, come un blogger di fiducia o un canale Telegram con autori anonimi. Per le persone è più facile leggere le notizie nelle chat o nei feed dei social media. Dobbiamo adattarci anche noi”.

È un'utopia credere che dopo la guerra il giornalismo tornerà alla normalità e tutto sarà come prima
Lina Kushch

Tante difficoltà in un paese dilaniato dalla guerra. È proprio qui che il giornalista assume un ruolo di responsabilità ancora più importante. Le incognite sul futuro non mancano e pesano ogni giorno sul lavoro quotidiano delle redazioni. Numerose domande, quindi. La certezza, tuttavia, è che il futuro non sarà uguale al passato. “È un'utopia credere che dopo la guerra il giornalismo tornerà alla normalità e tutto sarà come prima”, conclude Lina Kushch. Da una situazione tragica, però, ritiene che si possano comunque trarre degli insegnamenti. “I media dovranno trovare una nuova quotidianità, anche a livello di contenuti e competenze, così da raggiungere, anche tramite nuovi canali, il più ampio numero di persone possibile”.

Nota dell'autore: Quasi due anni fa sono fuggito dal Donbas - territorio attualmente occupato dalla Russia - arrivando dapprima a Cernivtsi e raggiugendo in un secondo momento il Ticino. Studio giornalismo in questo Cantone e in Ucraina, seguendo le lezioni da remoto. I lavoratori dei media in Ucraina, tra cui chi racconta la cronaca dal fronte, così come i soldati che stanno combattendo, mi hanno spinto a studiare giornalismo e raccontare ciò che accade nel mio Paese d'origine e nel mondo. L'idea di scrivere questo articolo mi è arrivata nel corso dello stage che ho svolto presso la redazione di Ticinonews e mi serve per continuare il mio percorso formativo che spero, in futuro, mi porterà a diventare un giornalista in questo meraviglioso Cantone. Durante l'attività svolta in redazione ho potuto notare le differenze con l'Ucraina: qui, infatti, ci sono tutte le condizioni per lavorare al meglio, mentre lì la normalità è purtroppo rappresentata da diversi problemi, come ad esempio la mancanza di elettricità, di fondi, di personale e di sicurezza.