
La sera della vigilia di Natale, papa Francesco ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando il via al Giubileo 2025, che durerà fino all'Epifania del 2026. Nella capitale italiana sono attese decine di milioni di persone, pronte a emulare generazioni di pellegrini che prima di loro si sono recate nella Città Eterna per chiedere l'indulgenza, proprio in occasione dei giubilei. Sul tema abbiamo intervistato Markus Krienke, professore di filosofia ed etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano.
Cos'è un Giubileo e cosa significa per la Chiesa e per i credenti?
"Il Giubileo si fa dal 1300 e ricorda l'inizio del nostro tempo, ovvero la nascita di Cristo. Inizialmente doveva cadere ogni 100 anni, ma poi si decise di riproporlo ogni 25. L'idea era di istituire un Anno Santo per il quale, dopo un pellegrinaggio a Roma e adempiendo a talune condizioni, un fedele poteva ottenere la piena indulgenza, che significa la cancellazione di tutti i peccati. Proprio per rendere possibile a ogni persona, nell'arco della sua vita, di ricevere l'indulgenza, fu decisa una sequenza di 25 anni. Una cosa simile esisteva già presso il popolo ebraico: nell'Antico Testamento si parla di un "giubileo" per il quale ogni 50 anni i debiti vengono cancellati e i rapporti sociali riequilibrati, con la convinzione che questo riequilibrio debba provenire da un input religioso".
Il tema scelto da papa Francesco per questo Giubileo è la speranza. A cosa si riferisce?
"La speranza è difficile da definire. È qualcosa di molto astratto. Ho però trovato una bella definizione di Nietzsche, il quale ha affermato che 'La speranza è l'arcobaleno gettato sul ruscello precipitoso della vita'. La speranza è quindi la capacità di alzare lo sguardo oltre la realtà e riconoscere delle possibilità che con gli occhi della politica, della società, dell'economia e della tecnologia non riusciamo a vedere. La speranza vede qualcosa nella realtà e fa sì che ci si possa incamminare verso la sua realizzazione. D'altronde, la sua traduzione latina 'spes' deriva da 'pes', cioè 'piede'. L'idea del cammino è quindi presente. Pensiamo a un grande testimone di speranza come Martin Luther King: lui vedeva nella realtà qualcosa, finendo per realizzare, almeno in parte, la sua visione. Il tema del Giubileo 2025 è 'pellegrini della speranza': ogni credente dovrebbe vedere nella realtà qualcosa di più di ciò che pensa di vedere. L'angoscia che stiamo attraversando è forse uno dei segni dei nostri tempi e forse, proprio per questo, papa Francesco ha ben scelto il tema".
Domenica l'amministratore apostolico Alain de Raemy ha dato il via al Giubileo anche nella Diocesi di Lugano, esprimendo l'auspicio che gli ecclesiastici escano di più dalle chiese per coinvolgere maggiormente le persone, soprattutto gli adulti.
"Di solito si parla di educazione dei giovani, ma chi sta dietro di loro? Gli adulti! Se noi adulti non cambiamo prospettiva, che cosa trasmettiamo alla nuova generazione? 'Speranza' non deve significare 'speriamo nella futura generazione' e quindi rinunciare a impegnarci, senza fare nulla. 'Speranza' significa proprio iniziare da sé stessi".
Come arriva la Chiesa cattolica a questo Giubileo?
"In Europa un po' acciaccata. A livello globale la situazione è però diversa. Anzi: nel mondo la Chiesa arriva a questo Giubileo con maggiore consapevolezza di essere un'istituzione globale. In dicembre papa Francesco ha creato dei nuovi cardinali: oggi più di metà dei cardinali elettori, abili a votare in un conclave, proviene da fuori l'Europa. Il Papa si reca nelle periferie del mondo e c'è ora l'idea che dal mondo possa arrivare una prospettiva nuova per la Chiesa, anche in Europa. Conseguenza di ciò è anche che il messaggio politico della Chiesa sia cambiato: il Papa vuole testimoniare anche per gli esclusi del mondo, non mettendosi accanto ai potenti del mondo, ma ai perseguitati. È una consapevolezza diversa rispetto a quella dell'ultimo secolo".