Estero
“Noi siamo contro la guerra”
Redazione
3 anni fa
Il racconto di Elena, abitante di Mosca e che da un giorno all’altro ha avuto la sensazione di essere odiata da tutto il mondo solo perché russa. “Non tutti sono con Putin”

Dall’inizio dell’invasione in Ucraina, i russi sono stati demonizzati. E se al fronte scendono soldati su comando di Putin, a soffrire di più sono sempre i civili che rimangono a casa. Proprio loro, infatti, subiscono discriminazioni e attacchi. Per capire meglio come vivono i russi questa guerra, Ticinonews ha raggiunto Elena Popova Pakhotina che vive a Mosca.

“Non stiamo bene”
“È veramente una tragedia. Tra di noi non ci chiediamo più come stiamo, perché comunque stiamo male”, racconta Elena. “In realtà, se guardo la mia vita attualmente poco è cambiato, ma tutti sappiamo che questa è una situazione anormale”, aggiunge. I primi giorni della guerra c’era incredulità, ma poi, un giorno, “ti svegli al mattino e non capisci perché vieni odiato da tutto il mondo”. Tutti i suoi amici che vivono all’estero l’hanno chiamata perché erano preoccupati. “Andando avanti abbiamo capito che la vita è cambiata, che ci è stato tolto il futuro e che l’Ucraina sta ancora peggio”.

La propaganda di Putin
In Russia il problema della propaganda e della censura è molto accentuato. “Chi conosce anche altre lingue capisce cosa sta realmente accadendo, ma persone residenti in piccole città guardano solo la televisione russa e quella è propaganda del Cremlino”, spiega Elena.

“Contro la guerra”
Non tutti i russi sono con Putin o contro di lui. “Noi siamo contro la guerra”, afferma la nostra interlocutrice. Secondo Elena è necessario fare una distinzione: “C’è parte della popolazione in Russia che pensa che questa guerra sia un bene, ma si tratta di gente disinformata”. E ricorda: “Il conflitto non è nato ora, è una cosa già di anni fa”.

“Un senso di responsabilità”
I dissidenti – prosegue – rischiano a scendere in piazza e a scontrarsi con le idee del Cremlino. Per un evento non organizzato, lo ricordiamo, si rischia dai 5 ai 15 anni di prigione. “Per questo motivo non vado a manifestare. Per un senso di responsabilità nei confronti dei miei figli e parenti”.

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