
All’interno del conflitto – lo sappiamo – è essenziale la propaganda che entrambi gli schieramenti praticano al loro interno e a livello internazionale. Una delle ultime manifestazioni di questo scontro porta tuttavia su un piano inatteso: quello culinario. Kiev e Mosca rivendicano entrambe per sé l’origine del borsch, una minestra di barbabietola molto diffusa nei paesi slavi.
“Patrimonio ucraino”
Negli scorsi giorni, il comitato straordinario del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco ha iscritto questa zuppa nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità, assegnandola di fatto all’Ucraina. A titolo di paragone, l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio culturale immateriale le Processioni della Settimana Santa di Mendrisio. La minestra di barbabietola era candidata a questo titolo dal 2019 e la valutazione ufficiale dell’Unesco sarebbe dovuta giungere fra il 2023 e il 2024, ma vista la guerra in corso, per la prima volta, il comitato straordinario dell’agenzia Onu con sede a Parigi ha deciso di anticipare la decisione. Secondo il comitato, infatti, “la pratica e la tradizione delle conoscenze legate alla realizzazione del piatto rischiavano di disperdersi per via del perdurare del conflitto”.
La disputa
Ed è qui che subentra il braccio di ferro attorno al piatto. Il ministro della cultura ucraino, Oleksandr Tkatchenko, ha esultato alla notizia della decisione dell’Unesco: “La vittoria nella guerra del borsch è nostra!”. Come detto, il borsch è però un piatto diffuso in molti paesi slavi. Fra questi c’è proprio la Russia, che non ha voluto concedere così facilmente all’Ucraina l’onore della paternità riconosciuta internazionalmente di questa minestra.
La risposta di Mosca
Il Cremlino si è così espresso per bocca della portavoce del Ministero degli esteri Maria Zakharova, che, con una non troppo velata ironia, correlata persino da emoticon beffarde, si è rivolta tramite Telegram al ministro ucraino della cultura: “Oleksandr, quindi adesso il borsch ucraino è riconosciuto come un patrimonio immateriale che necessita di salvaguardia urgente? Che peccato, prima veniva semplicemente mangiato”.
“L’humus e il pilaf sono riconosciuti come piatti nazionali da diversi Stati”, prosegue Zakharova. “Ma mi rendo conto che adesso tutto debba essere ‘ucrainizzato’. Che succederà adesso? Anche il maiale sarà riconosciuto come ‘prodotto nazionale ucraino’?”
“Piatto dei residenti russi di Kiev”
“A proposito”, aggiunge la portavoce del Ministero degli esteri di Mosca. “Un appunto per i nazionalisti che odiano tutto ciò che è russo. La prima menzione del borsch è presente negli appunti di viaggio di Martin Gruneweg, un mercante di Danzica nel 1584-1585. Lo qualifica di pasto dei residenti russi di Kiev. Ti conviene accettarlo”, conclude Zakharova, prima di inserire un’emoji che fa l’occhiolino.

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