
Oltre cento posizioni diverse dell'Agip Abruzzo, nuove tracce audio che potrebbero far pensare a un nuovo may day dal Moby Prince mezz'ora dopo l'impatto, la mancata attivazione di qualsiasi sistema antincendio sulla petroliera. Sono alcuni elementi sulla tragedia del Moby Prince, della quale oggi ricorrono i 20 anni, emersi dai primi accertamenti eseguiti dallo studio di ingegneria forense Bardazza, incaricato dall'associazione "10 Aprile", sostenuta dai figli del comandante del traghetto, Angelo e Luchino Chessa. Il 10 aprile 1991 nella rada di Livorno il traghetto Moby Prince della Navarma entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo. Nell'incidente, e nell'incendio che ne seguì, morirono 140 persone. "Lo studio è iniziato solo tre mesi fa - spiega l'ingegner Gabriele Bardazza - e sono ancora tanti gli aspetti da analizzare. Ciò che ci muove è un profondo senso di ingiustizia". Un lavoro che, a seconda dei risultati, potrebbe dare impulso a un nuovo iter processuale. Tra le ipotesi formulate dagli esperti potrebbe avere una spiegazione anche la nebbia eccezionale (concausa essenziale dell'incidente nell'ultima ricostruzione della Procura di Livorno): "In 10' un guasto del generatore di vapore, che un consulente dei pm si sofferma a definire funzionante, può provocare lo spegnimento dei servizi a bordo (per esempio le luci della nave come hanno riferito alcuni testimoni, ma anche il sistema antincendio, ndr) e produce vapore della dimensione pari a 123 villette a due piani". Nelle nuove tracce audio, invece, ascoltate da una frequenza diversa dal canale di soccorso, si sentirebbero due frasi che ancora devono essere ben definite: "Aspettiamo qui" e "Non ci sente nessuno". Questo sposterebbe i tempi di sopravvivenza a bordo del Moby Prince, da sempre tema di duro confronto tra pm e giudici da una parte e parti offese dall'altra. ATS
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