
Si chiama Mario il primo malato a ottenere il via libera per il suicidio assistito in Italia. Stando a quanto riportano vari media di oltreconfine, il comitato etico dell’Asl delle Marche ha deciso che nel caso del 43enne tetraplegico sussistono le condizioni per accedere al farmaco letale, applicando la sentenza della Corte Costituzionale. La decisione è stata resa nota dall’associazione Luca Coscioni, che ha affiancato fin dall’inizio la storia di Mario, immobilizzato da dieci anni e in condizioni irreversibili per via di un incidente stradale. Ora, in sostanza, l’uomo potrà scegliere quando morire e potrà farlo a casa sua. E potrà anche scegliere se cambiare idea perché solo lui può somministrarsi il farmaco, senza l’intervento di alcun medico.
La vicenda
Ad agosto 2020, Mario aveva ricevuto l’okay per venire a morire in Svizzera, ma poi ha scelto di seguire l’iter per cui la ASL di riferimento deve verificare l’esistenza dei quattro requisiti per cui il suicidio assistito non è punibile in Italia. Se inizialmente la richiesta era stata respinta, dopo 13 mesi, un’equipe di medici e psicologici lo ha visitato e dopo altri due il Comitato etico si è espresso, sostenendo che Mario rientra nelle condizioni stabilite dalla Corte per accedere al suicidio.
La sentenza della Corte
Ma quali sono queste condizioni? Esse si trovano nella sentenza della Corte Costituzionale, che nel 2019 si era espressa sul caso di Marco Cappato, accusato di aver aiutato a suicidarsi dj Fabo, paralizzato e cieco a causa di un incidente. Qui, aveva stabilito che il suicidio assistito non è punibile se: il paziente è “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale”, “affetto da una patologia irreversibile” e che “capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Da precisare, infine, che il suicidio assistito è diverso dall’eutanasia. Nel primo caso, il farmaco necessario a uccidersi viene assunto autonomamente dalla persona malata. Nel secondo, invece, è il medico che somministra il medicamento oppure sospende le cure o spegne i macchinari che tengono in vita la persona.
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