
Muntazer al Zaidi è tornato ad essere un uomo libero: il giornalista iracheno divenuto famoso in tutto il mondo per aver lanciato il 14 dicembre scorso le sue scarpe contro l'allora presidente americano George W. Bush è uscito oggi di prigione. Rischiava 15 anni di reclusione, ma se l'é cavata con nove mesi e ad attenderlo ha trovato telecamere, alcuni parlamentari, colleghi giornalisti e una piccola folla di ammiratori, che lo hanno accolto come un eroe. La sua liberazione, ritardata di un giorno per motivi procedurali, ha peraltro messo in ombra la visita a sorpresa del vicepresidente Usa Joe Biden, giunto nel pomeriggio a Baghdad per incontrare i massimi dirigenti iracheni e le truppe americane. Una ulteriore soddisfazione per al Ziadi, che quel giorno, nel corso di una conferenza stampa a Baghdad, aveva apostrofato il presidente Bush definendolo "specie di cane", lanciandogli contro in mondovisione le sue scarpe, numero 43, poi riprodotte in bronzo in un grande monumento che gli è stato dedicato a Tikrit, città natale del defunto ex dittatore Saddam Hussein. La sua inevitabile conferenza stampa oggi l'ha tenuta - con una bandiera irachena attorno al collo - negli studi della 'sua' al Baghdadyia Tv, una piccola emittente privata. E l'ha utilizzata per accusare: per primo ancora una volta Bush, che ha definito "criminale di guerra". Il presidente americano, ha detto con tono beffardo, "voleva che gli offrissimo delle rose. Quella è stata la mia rosa per l'occupante". E ancora: "L'occupazione è come la peste. Era così umiliante vedere il mio Paese profanato...Sono stato spinto nel mio gesto dall' ingiustizia a cui il mio popolo è stato sottoposto, e da come l'occupazione ha schiacciato la mia patria con i suoi stivali". Poi è stata la volta del premier Nuri al Maliki. "Ho subito il peggior tipo di torture, con scosse elettriche, e frustate con cavi", sin dai primi istanti dopo l'arresto, ha affermato, e pertanto pretende che il primo ministro si scusi per questo. Al Zaidi, sciita, 30 anni, laureato, non ha fatto cenno al suo futuro, ma di certo, le opportunità non gli mancheranno. Sin dal giorno del suo arresto gli sono giunti innumerevoli attestati di stima e affetto da gran parte del mondo arabo e musulmano. E non solo. Persino il presidente venezuelano Hugo Chavez ha pubblicamente elogiato il suo "coraggio", mentre in carcere ha ricevuto numerosi regali, promesse, offerte di lavoro, e anche di matrimonio. Non è dato sapere se nel corso della sua seconda visita a sorpresa in tre mesi a Baghdad il vicepresidente Biden abbia oggi fatto commenti. Ma di certo, ha altro a cui pensare e di cui parlare: una nuova impennata della violenza in buona parte dell'Iraq, lo stallo nel programma di riforme politiche, le tensioni tra il governo centrale di Baghdad e il governo regionale della provincia autonoma del Kurdistan. Oltre al ritiro delle forze Usa che deve essere completato entro il 2011. ATS
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata