
"L'epoca del multilateralismo favorevole alle piccole nazioni è finita e la Svizzera deve uscire dalla sua bolla: è ora che gli svizzeri decidano cosa vogliono". Lo sostiene la direttrice della segreteria di Stato dell'economia (Seco) Helene Budliger Artieda, che mette il paese di fronte a scelte cruciali: accettare le regole di un mondo diventato protezionista e complesso per salvaguardare la propria prosperità o rischiare l'isolamento. Dai dazi americani ai cosiddetti Bilaterali III con l'Unione europea la strada obbligata, avverte, è quella del pragmatismo negoziale.
"Solo 16 nazioni hanno ottenuto aliquote ridotte, tra cui noi"
"I dazi sono destinati a rimanere, indipendentemente da chi succederà a Donald Trump", afferma la 60enne in un'intervista pubblicata oggi da Le Temps. "Anche se il nuovo presidente fosse un democratico, questa logica protezionistica non scomparirà. L'ex ambasciatrice respinge le critiche riguardo a quanto avvenuto con gli Stati Uniti. "Ci è stato molto rimproverato di essere stati ingenui", prosegue la diplomatica. "Personalmente, non credo sia così. Siamo sempre stati presenti. Il consigliere federale Guy Parmelin, il mio capo, non ha mai fatto così tanti viaggi in un solo paese. Lo stesso vale per la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter. Eravamo una squadra forte. E per molto tempo i riscontri che abbiamo ricevuto sono stati molto positivi. Oggi solo 16 nazioni hanno ottenuto una dichiarazione d'intenti e aliquote ridotte. E noi siamo tra questi".
I rapporti con l'Ue
"Non bisogna quindi nascondere che anche il nostro rapporto con l'Unione europea è complesso e che è necessario stabilizzarlo: spero che ci riusciremo e che poi le regole saranno chiare, forse per i prossimi vent'anni", prosegue la specialista. "C'è una cosa che bisogna capire: noi vogliamo un accesso privilegiato al mercato europeo, ma non ne siamo proprietari. Spetta invece a noi, e in ultima analisi al popolo svizzero, scegliere se accettare queste regole o se riteniamo che il prezzo sia troppo alto". Sull'eventualità di un rifiuto dell'accordo con Bruxelles però avverte: "Certo, noi non ci siamo mai sposati, quindi non si può parlare di divorzio. Ma sarebbe comunque visto come una rottura della relazione. Quindi sarebbe un po' come giocare con il fuoco".
