
Il voto del Senato di questo pomeriggio ha conferito la fiducia al decreto Aiuti, a cui era legato il destino del premier Draghi. Come annunciato, i senatori del M5s si sono astenuti dal voto. I risultati hanno visto 172 favorevoli, 39 i contrari.
L’annuncio di ieri di Conte aveva messo il governo a un passo dalla crisi. “Senza un appoggio chiaro l’esperienza del governo è da dirsi finita”, aveva detto Draghi a Conte, riporta l’Ansa.
I possibili scenari
Draghi, dal canto suo, aveva indicato come unica via percorribile la richiesta di fiducia al Senato sul decreto Aiuti, posta poi dal governo. La palla passa ora al premier. Uno scenario lo vede salire al Colle per dare le sue dimissioni a Mattarella; nel secondo caso si potrebbe procedere a una verifica di maggioranza, in cui il premier tiene una serie di incontri con gli esponenti delle massime forze politiche e verifica di avere l’appoggio necessario dei partiti per portare a termine il mandato. Dalla verifica si potrebbero confermare gli equilibri di partito, portare a un rimpasto o aprire la crisi politica vera e propria , nel caso in cui il presidente del Consiglio si dovesse trovare a non avere più l’appoggio di tutta la maggioranza che lo sosteneva.
Mario Draghi ha appena lasciato in auto palazzo Chigi e si sta recando al Quirinale, riporta Repubblica.
Le opinioni dei partiti
Pd e Lega avevano dichiarato che dal loro punto di vista quaslsiasi strappo avrebbe segnato la fine dell’esperienza a Palazzo Chigi, portando a nuove elezioni. Anche Giorgia Meloni ha dichiarato di voler andare al voto. Secondo Luigi di Maio, che ha recentemente lasciato i pentastellati, il partito “preparava la crisi da mesi”. Forza Italia è per la continuità, convinti che ci siano i numeri per continuare con l’esperienza di governo. Della stessa opinione sono anche alcuni esponenti della lega, come Zaia e Fontana.
Conte rivendica al M5s il ruolo di unica forza politica che sta incalzando il governo sulle emergenze. e anche l’importanza del reddito di cittadinanza: “non permetteremo mai che venga smantellato”.
Le ragioni della rottura
Lo strappo tra il governo e i pentastellati è nato in seno alle discussioni sul Decreto aiuti, un provvedimento da oltre 16 miliardi di euro per sostenere famiglie e aziende. In particolare, la fonte del disaccordo è da identificarsi nella decisione di costruire un inceneritore nei pressi di Roma, a cui il M5s si oppone. Le discussioni hanno inoltre riguardato il superbonus 110%, che secondo il partito di Conte andava rifinanziato e il reddito di cittadinanza, a cui - con l’approvazione del decreto - sarà posta una stretta.
Conte si è trovato quindi di fronte a due possibilità. Da una parte, votare sì al Decreto Aiuti alla Camera, rischiando di spaccare il Movimento e compromettondo la sua leadership; dall’altro, assecondare chi all’interno del partito fa pressioni per rompere con la maggioranza. È stata scelta la seconda via.
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