Estero
Eroe o carnefice: la Bosnia si spacca su Mladic
Keystone-ats
3 anni fa
Le madri di Srebrenica, riunite davanti alla tv nel Memoriale di Potocari, alle porte di Srebrenica, gli intellettuali nell’ex Biblioteca nazionale a Sarajevo e le numerose vittime in varie parti del Paese hanno accolto con applausi il verdetto dell’Aja

La condanna definitiva all’ergastolo di Ratko Mladic conferma la profonda divisione della Bosnia-Erzegovina sulla guerra fratricida del 1992-1995, con una parte che esulta per il carcere a vita del Boia di Srebrenica mentre l’altra continua a parlare dell’ex generale come di un eroe e difensore del popolo serbo. Le madri di Srebrenica, riunite davanti alla tv nel Memoriale di Potocari, alle porte di Srebrenica, gli intellettuali nell’ex Biblioteca nazionale a Sarajevo e le numerose vittime in varie parti del Paese hanno accolto con applausi il verdetto dell’Aja, mentre di tutt’altro tenore è stata la reazione della dirigenza serbo-bosniaca.

Per Milorad Dodik, membro serbo e presidente di turno della Presidenza tripartita bosniaca, “la sentenza odierna non ha niente a che vedere con la giustizia e non fa altro che accrescere la sfiducia del popolo serbo nella giustizia internazionale”. “È chiaro - ha osservato - che stanno tentando di creare il mito del genocidio di Srebrenica, che non è avvenuto. Secondo me con questa sentenza il generale Mladic è stato catapultato direttamente nella leggenda”.

Nelle regioni con popolazione musulmana a non esultare sono stati solo gli abitanti di Prijedor e di altre cinque località i cui massacri non sono stati qualificati come genocidio, nonostante gli oltre 3 mila morti, i campi di concentramento (Omarska e Keraterm) e la più grande fossa comune nell’area di Prijedor. Per questo, ha detto oggi la giovane sindaca 26enne di Sarajevo Benjamina Karic, va sottolineata “l’importanza delle sentenze dei tribunali internazionali e dei fatti da loro accertati in modo incontestabile”.

A suo avviso, Sarajevo aveva sentito il dovere morale e il diritto di lanciare l’iniziativa affinché l’archivio del Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) fosse conservato nella capitale bosniaca, e oggi esso è diventato accessibile al pubblico con un “Centro d’informazione”, unico nella Regione, che offre alle attuali e alle future generazioni la possibilità di studiare attivamente il materiale raccolto. Negli 11.000 giorni di processi ai criminali di guerra per la guerra di Bosnia sono stati portati davanti ai giudici all’Aja complessivamente 161 imputati di cui 92 sono stati processati in via definitiva. La grande maggioranza sono serbi. L’eredità del Tpi contiene 400’000 documenti, con 2,5 milioni di trascrizioni dei procedimenti. Una delle madri di Srebrenica, Munira Subasic, ha oggi invitato i giovani di tutte le etnie a non accontentarsi dei racconti ma a informarsi guardando “con i propri occhi”.

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