
Le grandi multinazionali scappano dalla Russia. Uno tra questi, fu tra i primi marchi occidentali a colonizzare l’allora Unione Sovietica. Era il 31 gennaio 1990 e in piazza Pushkin a Mosca veniva inaugurato il primo McDonald’s del Paese. Poco importa se un Big Mac costava allora quanto un abbonamento mensile alla metropolitana: le immagini della fiumana di gente in fila disposta ad attendere ore per un hamburger, esperienza sensoriale di ciò che era il mondo al di là della cortina di ferro, hanno fatto la storia.
Stop di una lunghissima lista di marchi
La stessa azienda in Russia viene boicottata. Tanto che qualche giorno fa, Mc Donald’s ha annunciato la chiusura temporanea di 850 dei suoi punti vendita. Come lei Coca Cola e Sturbucks. Uno stop che non riguarda solo i giganti della ristorazione ma una lunghissima lista di marchi che abbraccia ogni settore, dall’energia alle tecnologie, dalle auto all’industria dell’intrattenimento: British Petroleum, Shell, Volskwagen, Toyota, Ikea, Lego, Disney, Netflix, Tik Tok, H&M e Nike. La lista si allunga di ora in ora. Questione d’immagine e di rischi, ha spiegato l’economista Sergio Rossi ai microfoni di Ticinonews.
Ripercussioni per tutti
Un mastodontico ingranaggio globale, con grosse ripercussioni economiche e sociali. “L’economia globale ne risente perché il traffico di pagamenti e il commercio internazionale sono rallentati. La Svizzera è parzialmente al riparo per il franco forte, ma già oggi vediamo che la benzina è aumentata e questo a catena avrà ripercussioni sui grandi e piccoli consumatori”, spiega. “Il sistema di assicurazioni sociali è meglio, ma questo sistema si sta allineando verso il basso. Le persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese vivranno i prossimi mesi con fatica se il conflitto geopolitico continuerà”, conclude Rossi.
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