Estero
Crisi: Islanda; governo cade sotto colpi collasso economia
Redazione
16 anni fa

La coalizione di governo al potere in Islanda è andata in frantumi oggi sotto il peso della crisi finanziaria internazionale. In ottobre è stato costretto a nazionalizzare le tre principali banche del Paese e l'inflazione ha raggiunto il 14%. Il premier Geir Haarde ha annunciato le proprie dimissioni, reclamate in questi mesi dai dimostranti scesi in piazza contro il governo. "Sono veramente rammaricato di non poter continuare con questa coalizione. Credo che quella sarebbe stata la cosa migliore", ha detto il premier ai giornalisti in Parlamento. Haarde ha poi annunciato una serie di incontri con l'opposizione per valutare la possibilità di un governo di unità nazionale. L'esecutivo guidato da Haarde, una coalizione tra il suo partito dell'Indipendenza e l'Alleanza socialdemocratica, è stato sotto pressione fin da quando la crisi finanziaria globale si è abbattuta sul Paese. Le elezioni politiche anticipate sono previste il prossimo 9 maggio: Haarde ha annunciato che non si ripresenterà come candidato premier, e neppure alla presidenza del partito, essendo affetto da un tumore. Il ministro degli Esteri, Ingibjorg Gisladottir, leader dei socialdemocratici e considerata in pole position nella successione a Haarde alla guida del governo, ha sottolineato che non cercherà di diventare premier, ed ha anzi annunciato una pausa di riflessione, lontana dalle scene, per uno o due mesi. L'Islanda, che non fa parte dell'Unione europea, nel corso degli anni Novanta aveva visto aumentare la sua ricchezza proprio grazie alla vitalità del settore bancario, divenendo uno dei Paesi con reddito pro-capite più elevati al mondo. Nel 2005, l'Ocse stimava una crescita del Pil al +6,2% (all'epoca, la stima per l'Italia era ferma al -0,6%), quasi il doppio di quella Usa (+3,6%) ed il triplo di quella giapponese (+1,5%). Reykjavik è poi finita nel gorgo della crisi proprio a causa dell'eccessiva espansione dei suoi istituti di credito. Tra fine settembre e fine ottobre 2008, il governo è stato costretto a nazionalizzare le tre principali banche del Paese, Kaupthing, Landsbanki, Glitnir. I tre istituti avevano accumulato debiti per 61 miliardi di dollari, una cifra equivalente a 12 volte il Pil islandese. L'inflazione ha raggiunto livelli record, toccando il 14%. Nella capitale, Reikjavik, gli scaffali di molti negozi si sono svuotati e molti sono stati costretti ad acquistare pasta, olio d'oliva, riso, i generi alimentari d'importazione che hanno rischiato di scomparire dalla distribuzione al dettaglio. Il Paese ha reagito scendendo in piazza, cosa insolita nella storia dell'Islanda, chiedendo a gran voce in più occasioni le dimissioni del premier e del governatore della Banca centrale, David Oddsson, per non aver impedito il collasso finanziario legato alla crisi mutui. ATS

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