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Costa Concordia, 10 anni dopo
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Ginevra Benzi
2 anni fa
Sono passati dieci anni dal tragico incidente di Costa Concordia, dove persero la vita 32 persone

Erano le 21:45:07 del 13 gennaio 2012 quando la nave Costa Concordia, salpata dal porto di Civitavecchia in direzione di Savona, impatta contro un gruppo di scogli nei pressi dell’Isola del Giglio. Nel giro di un’ora quella che doveva essere una vacanza si trasformò in una vera e propria tragedia. A dieci anni dal tragico evento che causò la morte di decine di persone e centinaia di feriti, ripercorriamo quanto accadde quella notte di fronte all’Isola, dall’impatto alle operazioni di salvataggio.

L’impatto con lo scoglio
Quella sera la Costa Concordia, comandata da Francesco Schettino, lasciò la solita rotta per fare il cosiddetto “inchino” sotto l'isola del Giglio, ma finì con l’urtare le Scole (gruppo di scogli disabitati). L'impatto provocò l’improvvisa interruzione della navigazione, un forte sbandamento e il conseguente arenarsi delle nave su un piccolo scoglio di fronte a Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto.
Il forte urto causò uno squarcio lungo 70 metri e alto 7,3 metri, da cui iniziò a entrare acqua che mise subito fuori uso i motori principali e i generatori a gasolio, causando un black out e privando la nave del movimento. La parte sinistra della nave fu la prima ad allagarsi assieme al ponte principale, sommergendo così anche le pompe principali e impedendo l'esaurimento degli allagamenti. Ogni comparto, ponte o sala della nave iniziò ad allargarsi, portando la nave a inclinarsi sempre di più sul lato sinistro.
Nel frattempo i passeggeri, allarmati dalla collisione e dal blackout, si erano radunati ai punti di riunione in attesa di informazioni.

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Le ore successive
Alle 21:54 e alle 22:05 fu annunciato che vi era un problema ai generatori elettrici, causa del blackout, senza però citare la falla e l'allagamento.

Verso le 22:00 il generatore d’emergenza venne attivato ed fu detto ai passeggeri che di aver risolto il guasto e di ritornare alle cabine. Solo pochi minuti dopo il comando di bordo dovette ammettere il blackout alla Capitaneria di bordo di Livorno, anche se questo era in corso già da 20 minuti. Dopo aver individuato la nave, questa è stata contattata per capire la gravità dell’incidente, sminuita però dalla nave che ammise di avere sì una difficoltà, ma dichiarando di poterla risolvere in breve tempo, senza però fare menzione della falla e dell'allagamento.

Dopo i vari tentativi di Schettino di minimizzare i danni e le conseguenze, alle 22:29 arrivò l’annuncio che la situazione era ormai insostenibile: l'acqua era giunta agli ascensori di poppa ed era in continuo aumento. Da quel momento si scatenò il panico: i passeggeri cominciarono a salire sulle lance di salvataggio di propria iniziativa, arrivando anche ad aggredire i membri dell’equipaggio. Poco dopo Schettino ordinò l'evacuazione del personale che si trovava nelle aree allagate, mentre alle 22:33:40 è stato lanciato il segnale di emergenza generale, composto da sette fischi brevi e uno lungo.

Intanto, la nave si stava progressivamente appoppando, sino a toccare il fondale con la poppa, sulla dritta.
Alle 22:51 Schettino ordina il tanto atteso “abbandono nave”: “Abbandonare la nave, abbandonare la nave. Attention, your attention please, embark on the lifeboat”, “Please keep calm, abandon the ship”.
Alle 23:04 la Costa Concordia è totalmente incagliata sugli scogli di Punta Gabbianara, a soli 96 metri dalla riva. Una breve distanza di cui quasi nessuno, però, si rese conto a causa del buio della notte.

Le operazioni di salvataggio
Le reazioni dei passeggeri e dell’equipaggio furono diverse: c’è chi tentò di salvarsi tuffandosi in mare sul lato di destra (quello ancora in superficie), chi rimase terrorizzato a bordo e chi trovò il modo di calarsi attraverso una scala d’emergenza in corda a poppa. In mezzo all’enorme numero di passeggeri ancora da mettere in salvo, c’è chi però pensò bene di abbandonare la nave: Francesco Schettino, proprio colui che sarebbe dovuto rimanere sulla crociera fino all’ultimo.
A Livorno regnava lo sconcerto per la mossa del capitano, al quale venne immediatamente ordinato di tornare sulla nave e coordinare i soccorsi. Ricorderete sicuramente tutti la celebre frase conclusiva “Salga a bordo, c*zzo!”. Erano infatti tantissime le persone ancora da salvare mentre lui si metteva egoisticamente in salvo: 4229 persone, di cui 19 adulti bisognosi di assistenza e 252 bambini, di cui 52 di età inferiore ai 3 anni.

Alle due di notte passate erano ancora 200 le persone a bordo della Concordia, ma Schettino non tornò mai per aiutare. Fu necessario aspettare le cinque del mattino per far sbarcare l’ultimo naufrago.

Contrariamente al capitano, colui che rimase fino alla fine fu il commissario di bordo Manrico Giampedroni, ritrovato in acqua con una gamba fratturata dopo 36 ore dall’incidente, colui che tentò fino all’ultimo di salvare le persone bloccate sul ponte 3.

Il bilancio finale della tragedia della Costa Concordia sarà di 32 vittime e oltre 150 feriti.

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Le accuse a Schettino
Dopo l'incidente, Francesco Schettino è stato messo in custodia cautelare dalla Procura di Grosseto per poi finire agli arresti domiciliari. Il Gruppo Costa ha interrotto nel 2012 il rapporto di lavoro con il comandante, rifiutandosi di pagare la sua difesa legale.
Il 23 febbraio 2013, la Procura di Grosseto ha poi comunicato di aver avviato un procedimento giudiziario nei suoi confronti. Tra le accuse vi è l’omicidio colposo plurimo e l'abbandono di nave con passeggeri a bordo. Vano inoltre il tentativo di Schettino di chiedere un patteggiamento, nonché quello di delegare le colpe al suo equipaggio.
Inizialmente venne richiesta una condanna di 26 anni e tre mesi di reclusione, ma dopo 19 mesi di processo la condanna scese a 16 anni consecutivi di reclusione e al divieto perenne dai pubblici uffici; dieci di questi sono da scontare per omicidio colposo, cinque per aver causato il naufragio e uno per abbandono dei passeggeri.

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Il recupero della concordia
Il primo intervento fu lo svuotamento dei serbatoi della nave per evitare almeno un disastro ecologico, eseguito a fine gennaio 2012. Le operazioni di rimozione presero invece il via a fine maggio 2012, mentre i lavori di rotazione, raddrizzamento e galleggiamento si dovette aspettare settembre 2013 e furono un passaggio fondamentale al fine di trainarla fino a Genova, dove giunse per la demolizione il 27 luglio 2014. Dopo un milione di ore di lavoro, 350 addetti e il contributo di 78 aziende, il 7 luglio 2017 Genova Industrie Navali annunciò che le operazioni di smaltimento erano finalmente concluse e che il 90% dei materiali era stato recuperato, mentre altre 8mila smaltite come rifiuti.

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