Estero
“Colpisce la forza del Parlamento britannico”
Redazione
3 anni fa
Antonio Caprarica, storico corrispondente Rai a Londra, analizza la caduta di Boris Johnson: “La guerra in Ucraina la sua ciambella di salvataggio, altrimenti sarebbe stato mandato via prima”

“È un caso classico di rivolta parlamentare. Ciò che colpisce nella vicenda di questi giorni è la saldezza delle istituzioni parlamentari britanniche, in cui lo stesso partito di maggioranza mette alla porta il leader che l’ha condotto a una vittoria elettorale schiacciante perché lo giudica bugiardo, arrogante e inaffidabile”. Così Antonio Caprarica, giornalista e storico corrispondente Rai da Londra, analizza la caduta di Boris Johnson, che nella giornata di giovedì 7 luglio ha rassegnato le dimissioni su pressione del suo stesso partito. I segni della caduta del premier britannico c’erano tuttavia da molto tempo, ritiene Caprarica. “Sono tra quelli che hanno guardato con maggiore freddezza e oggettività alle debolezze della sua leadership. Johnson è un tipo di politico eccentrico, istrionico, capace di guadagnare molti consensi e molte simpatie, ma di perderli con la stessa facilità, soprattutto per la debolezza delle sue politiche”.

Cosa dobbiamo aspettarci?
L’iter scelto da Downing Street prevede le dimissioni immediate di Johnson dalla leadership di partito. Ma con una fase di permanenza sulla poltrona di premier per il tempo necessario ai Tory a eleggere con procedura ordinaria un nuovo o una nuova leader. Lo stesso Johnson si è detto disponibile ad aiutare il processo di sostituzione. Ma sarà facile trovare un successore? “Non ci sono personalità di spicco che possano rivendicare al più presto il posto lasciato libero da Johnson”, sottolinea Caprarica. “Al momento il sostegno di Johnson a qualunque candidato può rivelarsi tossico. Immagino che la maggior parte vorrà tenersi molto alla lontana. Abbiamo però il paradosso del partito che ha guidato la Gran Bretagna verso la separazione dall’Unione Europea che, nel giro di pochi anni (sono passati 6 anni dalla Brexit), ha dovuto cambiare ben tre primi ministri. È un segno delle frizioni e delle spaccature che dividono profondamente questo partito”. Se i conservatori non sono in buona salute, non lo sono neanche i laburisti, prosegue il giornalista. “Il guaio per la Gran Bretagna è che non sembrano essere in salute nemmeno i laburisti, tant’è che anche il loro leader potrebbe essere costretto a dimettersi per aver violato anche lui per una birra le regole del lockdown durante il Covid. Abbiamo due debolezze, sia il partito al governo, sia all’opposizione. Assieme non fanno una forza e ho paura che le pulsioni centripede all’azione del parlamento britannico possano alla fine condurre verso elezioni anticipate”.

Meriti o punti deboli?
Durante il suo discorso Johnson ha voluto sottolineare ciò che ha fatto di buono durante il suo mandato, per esempio dare il sostegno all’Ucraina. Ma per Caprarica non sono necessariamente punti di forza. “La guerra in Ucraina è stata la ciambella di salvataggio di Johnson fino a oggi. Se non ci fosse stato lo scoppio della guerra a febbraio, probabilmente l’esito dell’inchiesta sul famoso partygate, i festini ad alto tasso alcolemico a Downing Street in pieno lockdown, l’avrebbero già spazzato via in inverno. Un grande intellettuale inglese del ‘700, Samuel Johnson, diceva che il patriottismo è l’ultimo rifugio dei mascalzoni. Riprendo questa battuta per dire che il patriottismo ha offerto a Johnson la possibilità di alzare la bandiera e di porsi come un condottiero in tempo di guerra. In realtà è stato molto più un atteggiamento, che una reale capacità di leadership. Ciò che oggi Johnson rivendica come meriti della sua leadership sono probabilmente i punti che rendono più debole la Gran Bretagna: non solo la Brexit, ma anche una politica fiscale che è esattamente il contrario di quello che i conservatori usano fare. Per non parlare di una politica industriale disastrosa, che ha ridotto la produttività della Gran Bretagna ai livelli più bassi dei paesi più ricchi, giusto prima di quella dell’Italia”.

Democrazie europee in difficoltà
Non solo la Gran Bretagna è in difficoltà. Altre nazioni europee, come la Francia o l’Italia, si trovano nella difficoltà di governare o trovare una maggioranza. Cosa sta succedendo? “C’è una crisi di senescenza che ha investito le democrazie occidentali. Sono democrazie che funzionano da lungo tempo e che di fronte a una crisi, forse la più grave degli anni post bellici, si trovano in difficoltà a dare risposto giuste alle angosce e aspettative della gente. In alcuni paesi, come la Gran Bretagna e l’Italia, le risposte che hanno solleticato le speranze degli elettori sono state quelle populiste e sovraniste. La Brexit di Boris Johnson è stata la prima manifestazione di populismo e sovranismo in Europa, seguita poco tempo dopo dalla vittoria delle forze populiste in Italia. Queste ricette si sono dimostrate, nel giro di pochi anni, totalmente fallimentari e i leader che hanno guidato i loro paesi verso questi approdi sono stati tutti accantonati o estremamente ridotti nella loro influenza. Il caso della Francia è un altro: qui c’è stato il tentativo delle vecchie élite di dare una risposta alle attese popolari, ma in realtà la difficoltà di dare risposta in questi tempi a una crisi generale (geopolitica, energetica, economica) rende difficile il governo delle democrazie. Bisogna fare uno sforzo supplementare, di fantasia, di resistenza, di resilienza per poter provare ancora una volta che la democrazia è molto più vantaggiosa rispetto alle lusinghe della dittatura e della tirannia”.

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