Estero
"Ci arresteranno, ci bombarderanno, ma arriveremo fino in fondo"
Romano Bianchi
2 giorni fa
Nuovo stop tecnico sulle coste siciliane per la flotta italo-svizzera pronta a unirsi alla Global Sumud Flotilla. Oggi la navigazione dovrebbe riprendere con rotta verso Gaza per forzare il blocco navale israeliano e portare aiuti umanitari.

Ha subito un nuovo stop tecnico sulle coste siciliane la delegazione di imbarcazioni svizzere e italiane pronta a raggiungere la Global Sumud Flotilla e fare rotta verso Gaza per forzare il blocco navale israeliano. La partenza avverrà oggi e sarà presente anche un'imbarcazione ticinese capitanata da Vanni Banconi, poeta e scrittore.

“Siamo qui da più di una settimana e adesso la partenza è come la calma prima della tempesta, purtroppo sia metaforicamente che letteralmente. Ci si aspetta una forte tempesta come quella che ha colpito la flotta a Barcellona. Adesso siamo focalizzati e concentrati. Tante persone hanno dovuto abbandonare la missione, tante persone sono più convinte che mai e soprattutto convinte in maniera diversa. Sempre idealista, sempre sentendo l’urgenza della necessità, però molto più compatto, molto più pragmatico facendo un passo alla volta".

Parlando di tempesta, il governo Netanyahu ha assicurato che una volta arrivati in Israele le imbarcazioni verranno sequestrate e verranno arrestati tutti. Fin dove siete pronti a spingervi?

“Noi siamo un’organizzazione non violenta, quindi non cerchiamo nessuno scontro. Potremmo essere bombardati la prima notte di navigazione, domani oppure potremmo arrivare vicini alle acque di Gaza ed essere arrestati come terroristi: non lo sappiamo. Dobbiamo navigare a vista, mantenere l’armonia delle varie barche. Sappiamo che i rischi sono altissimi, ma chi è pronto come me e le centinaia di persone con noi ad imbarcarsi, sa che questi rischi ci saranno. Non sappiamo però quali rischi ci sono".

Il fatto che Israele faccia sul serio si è capito. Lo dimostrano i recenti bombardamenti sulla Global Sumud Flottillia. La reazione statale è stata quasi inesistente.

“Quella governativa sì, quella popolare no. Sono grandi risultati e siamo solo agli inizi. La società civile, le organizzazioni umanitarie e quelle sindacali, si stanno unendo e stanno facendo sentire la loro voce. I governi non potranno continuare a non ascoltarla. Quanto ci vorrà di questa forza civile, non si sa, probabilmente tanto".

Lo stesso governo federale svizzero, attraverso il DFAE, negli scorsi giorni lo ha detto chiaramente. In caso di arresto può intervenire attraverso le autorità locali, ma alla fine ha le armi spuntate. Vi sentite abbandonati?

“Per il diritto svizzero sono affari nostri, poi per fortuna il DFAE cita anche la convenzione di Vienna, quindi il diritto internazionale che sovrasta quello nazionale. Si garantiscono, almeno a denti stretti, i servizi consolari. Al momento in cui avremo un legale che ci difenda, dato che non ci saranno capi d’accusa, visto che tutto quello che facciamo è pacifico, legale oltre che umanitario e giusto. A quel punto i rischi di una detenzione prolungata in un carcere di sicurezza, dovrebbero ridursi".

Il vostro obiettivo fondamentale è quello di svegliare le coscienze che sembrano essersi un po’ intorpidite, addormentate, rassegante davanti agli orrori di questa guerra brutale. Una volta che arriverete a Gaza come tradurrete nel concreto questo obiettivo?

"Il primo è aprire un corridoio umanitario per Gaza. Quello che portiamo noi è simbolico. Ci sono le quantità giuste di cibo, medicine e tutto quello che ci vuole, pronto ad arrivare, quindi quel simbolo potrebbe diventare realtà. L’altro è mostrare ai governi che quando non rispettano gli accordi internazionali, la società civile può cercare di agire. Non siamo soggetti di qualche monarca. Siamo persone normalissime che possono prendere dei rischi tali, perché la dignità umana, quella fatta di amore, di rispetto, di sincerità e di mantenere la parola data, possa essere messa in pratica. Vogliamo questa umanità e non dei discorsi vuoti".