
In un atroce rovescio della Storia, la convenzione internazionale sul genocidio - nata sostanzialmente dall'intensa battaglia di un singolo individuo, Raphael Lemkin, un pubblico ministero ebreo polacco che iniziò a lavorarci dal 1933 - è al centro dell'udienza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja che affronta l'accusa sollevata dal Sudafrica contro Israele per le migliaia di morti tra i civili della guerra a Gaza, scatenata dal massacro di Hamas del 7 ottobre.
Il termine coniato nel 1944
Lemkin non solo sintetizzò la fattispecie del reato, ma coniò nel 1944 il termine genocidio per quello che Winston Churchill aveva definito un "crimine senza nome" e trascorse gli anni del dopoguerra in un'intensa campagna di lobby individuale alle Nazioni Unite appena fondate, dopo la fuga dai nazisti e la salvezza negli Stati Uniti. La parola divenne il termine per descrivere l'assassinio sistematico da parte dei nazisti di circa sei milioni di ebrei e di altre persone in base alla loro etnia. È uno dei crimini più gravi di cui un paese possa essere accusato. Ora sul banco degli imputati c'è Israele, che ha scelto di difendersi al Palais de la Paix dell'Aja a riprova della gravità dell'accusa e della necessità di proteggere la sua reputazione.
La Convenzione sul genocidio
La Convenzione sul genocidio, entrata in vigore il 12 gennaio 1951, è stato il primo trattato sui diritti umani adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948 con l'impegno della comunità internazionale affinché non si ripetessero mai più le efferatezze della Seconda guerra mondiale. L'obbligo, oltre al divieto di non commettere genocidio, viene considerato come norma di diritto internazionale consuetudinario, quindi vincolante per tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che abbiano ratificato o meno la Convenzione. A dirimere le controversie fra Stati membri dell'Onu che hanno accettato la sua giurisdizione è la Corte internazionale di giustizia (Cig), che non va confusa con la Corte penale internazionale (Cpi), istituita nel 2002 (non legata all'Onu ed anch'essa con sede all'Aja) che ha il compito di giudicare individui, e non Stati, ritenuti colpevoli di crimini di guerra, contro l'umanità e genocidio.
Israele alla sbarra all'Aja
Nel 97° giorno di guerra tra Israele e Hamas, il conflitto è approdato oggi nell’aula della Corte internazionale di giustizia dell’Aja. Si è infatti svolta la prima udienza rispetto all’accusa di genocidio mossa dal Sudafrica contro lo Stato Ebraico. La prima delle due udienze pubbliche al Palais de la Paix era incentrata sulle argomentazioni sudafricane secondo cui Israele viola con "intento specifico" i suoi obblighi derivanti dalla Convenzione contro il genocidio, che entrambi i paesi hanno ratificato.
Le accuse del Sudafrica
I raid israeliani mirano "alla distruzione della vita dei palestinesi" e li spinge "sull'orlo della carestia", ha spiegato Adila Hassim, avvocata del Sudafrica, davanti ai 15 giudici della Corte (più i due ad hoc nominati da entrambi i paesi). "I genocidi non vengono mai dichiarati in anticipo, ma questa Corte può contare sulle ultime 13 settimane di prove che dimostrano, in modo incontestabile, un modello di comportamento e di intenti che supporta un'accusa plausibile di atti di genocidio", è stata la sua arringa. "Le prove dell'intento di genocidio non sono solo agghiaccianti, ma schiaccianti e incontrovertibili", le ha fatto eco un altro avvocato, il sudafricano Tembeka Ngcukaitobi.
Le ire di Israele
I rappresentanti di Israele risponderanno punto su punto domani nella stessa aula. Ma intanto la causa ha scatenato l'ira dello Stato ebraico che rivendica il diritto a difendersi e a distruggere Hamas. "All'Aja assistiamo al mondo alla rovescia. Israele combatte contro terroristi assassini che hanno commesso crimini terribili contro l'umanità: hanno massacrato, violentato, bruciato, smembrato, ucciso bambini, donne, anziani, giovani. Un'organizzazione terroristica che ha commesso il crimine più terribile contro il popolo ebraico dai tempi della Shoah e ora c'è chi viene a difenderla in nome della Shoah. Che audacia", ha tuonato il premier Benyamin Netanyahu, tacciando il Sudafrica di "ipocrisia". "È l'affaire Dreyfus del XXI secolo, uno spettacolo di antisemitismo e vergogna", ha insistito l'ex primo ministro Naftali Bennett, riferendosi al caso del capitano ebreo condannato ingiustamente che divise la Francia alla fine del 1800. Accuse "false e infondate", ha ribadito il ministero degli esteri, tacciando il Sudafrica di essere "il braccio giuridico di Hamas".
La replica del Sudafrica
"Non presentiamo alcuna istanza nel nome di Hamas, questa dichiarazione è senza fondamento. Lo facciamo in nome dei palestinesi, dei bambini, delle donne e degli anziani uccisi a Gaza", ha replicato il ministro della giustizia sudafricano Ronald Lamola, parlando ai giornalisti fuori dall'aula. Tuttavia, Hamas ha ringraziato Pretoria per l'iniziativa "storica": "le prove presentate - ha dichiarato Izzat al-Rishq dell'ufficio politico della fazione palestinese - dimostrano al mondo intero i crimini di genocidio e pulizia etnica commessi contro il nostro popolo dall'occupazione sionista".
Chi sostiene la causa sudafricana
A sostegno della causa sudafricana si sono schierati diversi paesi, per lo più musulmani e sudamericani, la Lega araba e l'Organizzazione della cooperazione islamica. Definendo Israele "un regime di apartheid", l'Iran accusa lo Stato ebraico di "crimini contro l'umanità", mentre loda la mossa sudafricana come "coraggiosa" e "onorevole". Al fianco di Israele, gli Stati Uniti che ritengono le accuse "infondate", e la Gran Bretagna che giudica la causa "inutile e ingiusta".
Quando è attesa la decisione della Corte
Dopo la replica di Israele, i giudici potrebbero esprimersi entro qualche settimana sulle "misure cautelari" urgenti chieste dal Sudafrica per porre fine all'uccisione dei civili. Sebbene le sue decisioni siano giuridicamente vincolanti, la Corte non ha però alcun potere per farle applicare. Nel caso, Israele potrebbe ignorarle, aprendo la porta ad eventuali sanzioni. Per una decisione nel merito invece, e cioè se lo Stato ebraico abbia o meno commesso genocidio, potrebbero volerci anni.