Estero
Bufera sulla Trump Organization
Redazione
3 anni fa
Il procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus Vance ha formalizzato le prime accuse dopo quasi tre anni di inchiesta

Prima incriminazione per l’impero di Donald Trump, che finora era riuscito a schivare ogni procedimento penale e civile, oltre a due procedure di impeachment. Il procuratore distrettuale (democratico) di Manhattan Cyrus Vance ha formalizzato le prime accuse dopo quasi tre anni di inchiesta, contestando una serie di reati fiscali alla holding dell’ex presidente e al suo fidato luogotenente, il 73enne direttore finanziario Allen Weisselberg, che si è presentato spontaneamente in procura ma è entrato in manette in tribunale dichiarandosi “non colpevole” e “deciso a combattere le accuse in tribunale”.

Per ora nessun coinvolgimento diretto di Trump o dei suoi famigliari. Si tratta di 15 capi di imputazione, compresa la falsificazione di documenti contabili, per uno schema di evasione fiscale durato 15 anni (dal 2005 al giugno 2021) per ricompensare Weisselberg (e altri dipendenti) “in nero”, con benefit in contanti senza il pagamento delle tasse, tra cui costose rette scolastiche per il figlio, auto e appartamenti in leasing, per un valore di 1,7 milioni di dollari. Il dirigente finanziario, accusato anche di furto aggravato ed altri reati, rischia sino a 15 anni di carcere, mentre la Trump Organization, che controlla hotel, resort, golf club e immobili in tutto il mondo, rischia multe e altre sanzioni, oltre ad un danno di immagine che potrebbe minare i suoi rapporti con banche e partner d’affari.

Per l’ex presidente, su cui incombono gli sviluppi di questa ed altre inchieste, si tratta di un brutto colpo, che potrebbe compromettere le sue ambizioni di restare sulla scena politica mantenendo il controllo del partito repubblicano e ricandidandosi forse alla Casa Bianca nel 2024. “No comment” per ora da parte della Casa Bianca. Rabbiosa invece la reazione di Trump: “continua la caccia alle streghe politicamente motivata da parte dei democratici della sinistra radicale, con New York che ora prende il testimone”, denuncia riferendosi alle precedenti inchieste che lo hanno preso di mira e ammonendo che l’incriminazione “divide il Paese come mai prima”. “Non è giustizia ma politica”, ha contrattaccato anche la Trump organization, sostenendo che “Weisselberg è usato come una pedina nel tentativo di fare terra bruciata intorno all’ex presidente per danneggiarlo”. “Il procuratore sta perseguendo una indagine penale legata a benefit accordati a dipendenti che né il fisco né alcun altro procuratore si sognerebbero di perseguire”, accusa la holding. Il sospetto è che la procura intenda usare le accuse per fare pressione sul dirigente finanziario e indurlo a cooperare, voltando le spalle al tycoon. “Questo è solo il loro primo colpo”, ha denunciato il suo avvocato, Ronald Fischetti, lasciando intendere che gli inquirenti vogliono cucinare Trump a fuoco lento. Poco dopo Vance ha assicurato che “l’inchiesta continua”.

Nel caso fosse coinvolto direttamente, sarebbe il primo ex presidente della storia americana ad essere incriminato in un’inchiesta penale. Se l’indagine invece non dovesse andare oltre, sarebbe un po’ come la montagna che partorisce il topolino e rischierebbe di corroborare i sospetti che si tratti di un’inchiesta politica. L’inchiesta, iniziata nel 2019, mirava infatti ad accertare se il gruppo abbia gonfiato i valori degli attivi per ottenere prestiti più consistenti e, nello stesso tempo, abbia sottostimato gli asset nelle dichiarazioni fiscali per ridurre le tasse. Tra le ipotesi ventilate finora frodi bancarie, assicurative e fiscali, nonché la falsificazione di documenti aziendali. Reati su cui indaga anche la procuratrice di New York Letitia James, pure lei democratica.

Sulla testa di Trump, e sul suo futuro politico, pesa inoltre la spada di Damocle di altre indagini: dalle pressioni per ribaltare il voto in Georgia all’assalto del Congresso, su cui ora indagherà una commissione della Camera nominata dalla speaker Nancy Pelosi, che ha incluso la deputata Liz Cheney, bestia nera del tycoon. Ma intanto l’ex presidente incassa una vittoria: la sentenza con cui la Corte suprema ha confermato le restrizioni al voto di uno dei tanti Stati repubblicani, quello dell’Arizona. Una decisione che Joe Biden ha definito “pericolosa”, un “attacco ai diritti di voto delle minoranze”.

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