
Le dichiarazioni di Vucic non sono passate inosservate, al contrario. Le dichiarazioni del presidente al termine dei colloqui con la delegazione internazionale in missione a Pristina e Belgrado hanno provocato la dura reazione delle opposizioni, in particolar modo delle forze più conservatrici di destra e nazionalpatriottiche che parlano apertamente di ultimatum dell'Occidente alla Serbia.
"Siamo pronti ad accettare il concetto del piano di accordo europeo"
Definendo, scuro in volto, i colloqui di ieri i più difficili avuti finora con i rappresentanti internazionali sulla crisi del Kosovo, il presidente ha detto ieri di essersi confrontato chiaramente con i problemi e le sfide che affronterebbe la Serbia se non dovesse accettare il piano europeo di accordo sul Kosovo. Problemi che sarebbero non solo politici, ma anche economici e di crescente isolamento internazionale. "Siamo pronti ad accettare il concetto del piano di accordo europeo e a lavorare per la sua attuazione", ha detto ieri Vucic, aggiungendo tuttavia di aver messo in chiaro una cosa e di aver manifestato tutta la sua preoccupazione e riserva su un punto importante, che non ha voluto tuttavia rivelare dal momento che la proposta di accordo non è stata ancora resa pubblica. Con tutta probabilità si tratta proprio dell'ammissione di Pristina all'Onu.
Le reazioni dell'estrema destra: "si convochi il parlamento"
Bosko Obradovic, leader del partito di estrema destra Dveri, denunciando un nuovo "ultimatum dell'Occidente", ha chiesto una convocazione urgente del parlamento dinanzi al quale Vucic illustri chiaramente i contenuti del piano franco-tedesco e la posizione degli inviati internazionali da lui incontrati ieri, e spieghi le sue parole di ieri relative ai "problemi e sfide che affronterebbe la Serbia se non dovesse accettare il piano europeo". Come è possibile, si è chiesto Obradovic, che ora Vucic si dica disposto ad "accettare il concetto del piano di accordo europeo e a lavorare per la sua attuazione", quando solo qualche mese fa lo aveva respinto totalmente definendolo inaccettabile per la Serbia e per la sua sicurezza, e in più lo fa senza l'approvazione del parlamento. "Dobbiamo premere sul governo e in parlamento, ma anche con proteste di piazza, per fare in modo che la Serbia respinga l'ultimatum dell'Occidente, oppure dobbiamo indurre Vucic a dimettersi se tutto ciò è per lui un carico troppo pesante", ha detto Obradovic.
Un punto di svolta nella questione del Kosovo?
Di tenore analogo le prese di posizione di altre forze dell'opposizione conservatrice, che in alcuni casi propongono di tenere un referendum sul piano di accordo franco-tedesco. Il parlamento, per le opposizioni, deve essere comunque convocato per discutere di tale situazione. Ieri Vucic aveva parlato di "giorni non facili e decisioni molto difficili" per la Serbia, annunciando consultazioni con governo e parlamento. Sembra evidente comunque che la questione del Kosovo sia arrivata a un punto di svolta sotto la crescente pressione della comunità internazionale che sollecita un accordo in tempi brevi sulla piena normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, intesa dai più come riconoscimento reciproco fra Serbia e Kosovo.
Nei giorni scorsi l'inviato del governo tedesco per i Balcani occidentali Manuel Sarrazin ha ribadito la posizione della Germania secondo cui la Serbia non potrà aderire alla Ue senza il sì all'indipendenza del Kosovo. In contemporanea però il ministro degli esteri serbo Ivica Dacic ripeteva le linee rosse ritenute invalicabili da Belgrado: no all'indipendenza di Pristina e alla sua ammissione alle Nazioni Unite, creazione della Comunità delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo, protezione della popolazione serba in Kosovo con garanzie sulla sua sicurezza.