
In occasione del secondo anniversario della enorme esplosione che il 4 agosto di due anni fa ha devastato il porto e una grande parte di Beirut, decine di persone, tra cui membri delle famiglie delle vittime, si sono radunati nel pomeriggio di oggi davanti al tribunale della città per chiedere giustizia.
Manifestazione al porto e al tribunale
Allo stesso tempo, riferisce il sito web del quotidiano L’Orient le Jour, altri manifestanti, innalzando striscioni e cartelli si sono recati proprio al porto. La loro marcia si è poi unita a quella di altri gruppi che partiranno dalla stazione dei vigili del fuoco di Beirut.
Bombe assordanti contro i manifestanti
La polizia libanese ha fatto ricorso a bombe assordanti per disperdere la manifestazione organizzata nel centro della città. Lo riferisce la New Tv.
Silos ancora danneggiati
Diversi silos di grano gravemente danneggiati dalla devastante esplosione del 4 agosto 2020 a Beirut, divenuti da allora un cupo simbolo del disastro, sono pericolosamente vicini a crollare, con alcuni pezzi che già oggi sono caduti al suolo. L’ingegnere civile francese Emmanuel Durand, che controlla i silos con sensori, ha detto all’Afp che altre quattro torri potrebbero crollare “in qualsiasi momento”. Domenica scorsa, una sezione di quegli stessi enormi silos è crollata dopo un incendio durato settimane, innescato da cereali rimasti lì e che avevano fermentato e preso fuoco con il caldo estivo.
Risoluzione Onu per indagini
Già ieri, un gruppo di organizzazioni non governative libanesi e internazionali ha chiesto ai Paesi membri del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite di presentare una risoluzione, alla prossima sessione del Consiglio convocata per il prossimo settembre, “che invii, senza indugio, una missione conoscitiva indipendente e imparziale” con il compito di fare luce sull’esplosione di Beirut del 4 agosto 2020. “La missione - si legge in una nota di Amnesty International, prima firmataria dell’appello - dovrebbe stabilire i fatti e le circostanze, comprese le cause profonde, dell’esplosione, al fine di stabilire la responsabilità statale e individuale e sostenere la giustizia per le vittime.
220 morti e 7mila feriti
L’esplosione al porto di Beirut è stata una delle più grandi esplosioni non nucleari nella storia globale. La deflagrazione ha provocato onde d’urto attraverso la città, uccidendo almeno 220 persone, ferendone oltre 7’000 e provocando ingenti danni alla proprietà. Un’indagine iniziale di Human Rights Watch ha indicato il potenziale coinvolgimento di società di proprietà straniera, nonché alti funzionari politici e di sicurezza in Libano”.
L’indagine
“Due anni dopo - osservano amaramente le ong -, l’indagine interna è stata interrotta senza aver fatto alcun progresso. Le autorità libanesi hanno ripetutamente ostacolato il corso delle indagini interne sull’esplosione proteggendo politici e funzionari coinvolti nell’esplosione da interrogatori, procedimenti giudiziari e arresti. Human Rights Watch, Amnesty International, Legal Action Worldwide, Legal Agenda e la Commissione internazionale dei giuristi hanno documentato una serie di difetti procedurali e sistemici nelle indagini interne, tra cui flagranti interferenze politiche, immunità per funzionari politici di alto livello, mancanza di rispetto per gli standard del processo equo e le violazioni del giusto processo”. I politici sospettati nel caso hanno presentato oltre 25 richieste di archiviazione al giudice che guida le indagini, Tarek Bitar e altri giudici coinvolti nel caso, causando la sospensione dell’inchiesta durante l’aggiudicazione dei casi. L’ultima serie di impugnazioni legali intentate contro il giudice Bitar ha comportato la sospensione delle indagini dal 23 dicembre 2021. “Ora più che mai - conclude la nota - è chiaro che l’indagine interna non può assicurare giustizia, il che rende ancora più urgente l’istituzione di una missione conoscitiva internazionale incaricata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”.
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