
Quarto giorno di scontri al confine, con esplosioni e spari vicino ai templi contesi, tra Thailandia e Cambogia, con 34 morti accertati e oltre 200'000 sfollati, nonostante il presidente degli Stati Uniti Donald Trump continui a lavorare per una pace possibile, con un occhio alle opportunità di commercio e l'altro al suo ambito ruolo di mediatore nei conflitti in giro per il mondo. Ma un spiraglio di pace c'è: i leader dei due paesi si sono dati appuntamento per lunedì in Malaysia, che da subito si era proposta come mediatrice.
L'effetto sortito da Trump
Il bastone e la carota del presidente americano, la minaccia di dazi esorbitanti da un lato, dall'altro prospettive di fiorenti scambi commerciali, hanno comunque sortito un loro effetto se entrambe le parti si sono dichiarate pronte a discutere un cessate il fuoco, nonostante il riaccendersi di un conflitto che ha più volte insanguinato i confini dei due paesi vicini del sudest asiatico, mete ogni anno di milioni di turisti stranieri. Nello scontro peggiore degli ultimi anni, spari di artiglieria sono stati esplosi a breve distanza da due antichi templi a lungo contesi nella regione di confine tra la Cambogia settentrionale e la Thailandia sudorientale, con i due leader che si sono accusati a vicenda di avere minato gli sforzi di pace.
Le accuse reciproche
Bangkok ha accusato Phnom Penh di aver sparato proiettili contro ospedali e abitazioni civili nella provincia di Surin. La Cambogia nega, e accusa il rivale di aver utilizzato munizioni a grappolo. Il segretario di Stato statunitense, ossia il ministro degli esteri degli USA, Marco Rubio, tesse le file di un accordo non facile.
L'invito alla pace di Papa Leone XIV
Ad esortare alla pace fra i due paesi, dopo il segretario dell'Onu António Guterres, è stato ieri anche papa Leone XIV, che ha pregato all'Angelus per i bambini e le famiglie sfollate. Domani si vedrà se il faccia a faccia tra il premier ad interim della Thailandia, Phumtham Wechayachai, e il primo ministro della Cambogia, Hun Manet, farà tesoro degli appelli e del pressing internazionale.
La storia del conflitto
Il conflitto tra Thailandia e Cambogia, una disputa su vari punti di un confine lungo 800 chilometri, risale al tempo delle colonie francesi del primo '900 e si concentra sul cosiddetto Triangolo di Smeraldo, al confine tra Thailandia, Cambogia e Laos. Oggetto principale della contesa, il tempio induista di Preah Vihear del IX secolo, conteso per decenni e la cui sovranità è stata assegnata dal 1962 alla Cambogia da una sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja (Paesi Bassi) e dal 2008 patrimonio dell'umanità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco). La tensione si è rifatta sentire nello scorso maggio quando uno scontro armato al confine ha provocato la morte di un militare cambogiano ed è scoppiata mercoledì scorso a seguito del ferimento di un soldato thailandese saltato su una mina. Da giovedì la parola è passata alle armi, nonostante gli appelli di Cina, USA, UE e Malaysia, presidente di turno dell'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), che temono un allargamento del conflitto nella regione.
Differenze culturali che pesano
Su tutto pesa anche un forte nazionalismo di entrambi i paesi, con differenze culturali e storiche profonde, acuite nelle ultime settimane da crisi politiche interne. Resta da vedere se il miraggio dei dollari balenato da Trump dal bordo di un campo da golf in Scozia sia in grado di bilanciare tutto questo.