Estero
“Adibire l’Ala Materna di Rovio a centro di accoglienza”
Redazione
3 anni fa

Nel giro di 48 ore 240 persone hanno sottoscritto un appello all’indirizzo dei Municipi del futuro comune della Val Mara (Rovio, Melano e Maroggia), perché si attivino in modo da poter accogliere sfollati dall’Ucraina. Nell’appello si suggerisce di adibire a tale scopo l’Ostello dell’Ala Materna di Rovio, che già durante la seconda guerra mondiale venne utilizzato come luogo d’accoglienza per 200 donne e bambini.

“Nell’emergenza determinata dallo scoppio della guerra in Ucraina che sta provocando un grande flusso di sfollati, in prevalenza donne con bambini in fuga dai combattimenti, noi firmatari di questo appello chiediamo alle autorità politiche locali di prendere spunto dalla storia passata sviluppatasi in un contesto di razionamento, di penuria e di pericolo assai più drammatici per la popolazione svizzera, e di destinare l’ostello dell’Ala Materna all’accoglienza di persone in fuga dal Paese in guerra”, si legge nel comunicato, firmato anche dalla consigliera nazionale Greta Gysin

Gli spazi dell’Ala Materna e la sua ubicazione accanto alla scuola “si prestano in maniera ideale a tale scopo, in quanto garantiscono la possibilità di non separare queste persone tra loro oltre che di non isolarle dalla comunità locale. La convivenza tra la scuola e i cittadini ucraini accolti sarebbe senza dubbio possibile con dei semplici accorgimenti logistici e organizzativi, e darebbe un valore aggiunto per tutte le persone coinvolte”.

L’altra possibilità
In via subordinata viene suggerito di valutare l’opzione del Park Hotel, chiuso da un anno, contattandone i proprietari. “Un’accoglienza organizzata dalle autorità politiche è da preferire alla pur sempre benvenuta generosità dei cittadini, poiché nelle case private lo spazio è in genere limitato e di conseguenza lo è anche l’accoglienza. Chi scappa dal proprio Paese ha bisogno di stare in un contesto culturale e linguistico in cui possa sentire meno forte lo strappo subito”. Inoltre, accogliere “non è un atto che finisce nel momento della scelta, e non esserne consapevoli e preparati può creare difficoltà”. Da ultimo, una piccola comunità unita ospitata sul territorio “può facilitare le condizioni di ambientamento di chi invece trova accoglienza in abitazioni private”.

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