
"Una nuova era di cooperazione trilaterale": così i dirigenti di Usa, Giappone e Corea del Sud hanno definito il loro primo storico summit, in programma venerdì nella residenza presidenziale di Camp David, teatro di incontri e accordi che hanno segnato un'epoca, a partire dai negoziati israelo-palestinesi ospitati da Bill Clinton. A fare gli onori di casa Joe Biden, che punta ad un nuovo successo di politica internazionale cementando l'inatteso reset dei rapporti tra i due ex nemici asiatici, avviato recentemente dal premier giapponese Fumio Kishida e dal presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol.
Gli obiettivi
Lo scopo è fronteggiare la crescente assertività di Pechino, che già teme una sorta di Nato asiatica, e la minaccia nucleare di Pyongyang, che secondo fonti di intelligence sudcoreane starebbe preparando diverse provocazioni militari, tra cui il lancio di un missile balistico intercontinentale (Icbm), proprio in occasione del vertice o delle imminenti maxi esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seul. Ma l'obiettivo va oltre, perché mira anche a contenere il rafforzamento dell'alleanza di Pyongyang e Pechino con Mosca, soprattutto sullo sfondo della guerra in Ucraina.
Un incontro storico
Il summit è storico perché è la prima volta che i leader dei tre Paesi si riuniscono in un vertice ad hoc, al di fuori degli incontri a margine di contesti multilaterali, tra cui l'ultimo al G7 di Hiroshima. Storici appaiono anche i target: istituzionalizzare e strutturare un'alleanza a tre, dalla tecnologia alla sicurezza. Ad esempio con un coordinamento sulle catene di fornitura resilienti su microchip, batterie e materiali rari, una più ampia cooperazione nella difesa missilistica, maggiori esercitazioni militari congiunte, la creazione di una hotline a tre per gestire le emergenze, compresa quella di un attacco cinese a Taiwan. Un'intesa che vuole suggellare vincoli oltre le contingenze politiche, rassicurando gli alleati asiatici anche nel caso ritorni alla Casa Bianca Donald Trump con la sua politica isolazionista dell'"America first". Un timore che ha riaperto il dibattito nei due Paesi sulla dotazione in proprio di armi atomiche per non dipendere dalla deterrenza americana. Ma la Casa Bianca teme la proliferazione nucleare e preferisce fornire garanzie che l'ombrello Usa continuerà a proteggere gli amici dell'Estremo Oriente, come ribadirà Biden a Camp David.
Il summit era impensabile sino ad un anno fa, quando i rapporti tra Seul e Tokyo erano ancora avvelenati dalle rivendicazioni coreane per l'uso giapponese del lavoro forzato durante l'occupazione coloniale della penisola (1910-1945) e dalla controversia sulle donne coreane costrette a prostituirsi per i soldati nipponici. Ma i due leader hanno pragmaticamente superato i rancori del passato per chiudere il "triangolo" con gli Usa - con cui finora avevano solo relazioni bilaterali - e fronteggiare minacce più insidiose per un Indo-pacifico "libero e aperto".
Le critiche mosse da Pechino
Agli occhi di Xi Jinping apparirà come un ulteriore passo da guerra fredda, una nuova alleanza militare che si affianca a quella dell'Aukus (per la difesa congiunta nel Pacifico tra Stati Uniti, Regno Unito, Australia) e del Quad (la coalizione tra Usa-India-Giappone-Australia). Pechino ha già attaccato il summit di Camp David, dicendosi contraria al fatto che "Paesi importanti formino varie cricche" e criticando le loro "pratiche di esacerbare il confronto e mettere a repentaglio la sicurezza strategica di altri paesi".