Decoder
Quali saranno i prossimi passi di Credit Suisse?
© CdT/Gabriele Putzu
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Redazione
2 anni fa
Il salvagente della Banca Nazionale non ha interrotto l’ondata di preoccupazione sulle sorti di Credit Suisse. Sulla borsa nuova giornata al ribasso per le azioni della banca. Ed ora la domanda è: “cosa farà la direzione per tamponare la fuga di clienti e investitori”? Sul tavolo ci sono delle ipotesi, riassunte nel decoder di Ticinonews.

Il deciso intervento da parte della FINMA e della Banca nazionale, con un salvagente da 50 miliardi accolto a braccia aperte da Credit Suisse, non sta dissipando la sfiducia dei clienti e degli investitori del secondo gruppo bancario elvetico. Dopo il rimbalzo di ieri, il valore delle azioni è tornato a scendere fin sotto la soglia dei 2 franchi. E pensare che 15 anni fa il valore era superiore a 84 franchi. Un ulteriore indicatore del clima di sfiducia attorno all’istituto di credito sono i credit default swap, sorta di assicurazione contro il fallimento, calati solo leggermente rispetto all’impennata di mercoledì.

Il problema della fiducia

Pur ottenendo in prestito liquidità a 10 zeri, quello che continua a mancare a Credit Suisse è la fiducia. Oggi non si può escludere una lenta agonia, dovuta alla fuga di clienti, che potrebbe portare fino al definitivo intervento della BNS che prendendo il controllo della banca, oltre a garantire i depositi, la smembrerebbe vendendo parti dell’attività e ne liquiderebbe il resto. Un po’ come fatto dalla Federal Reserve e dal Dipartimento del Tesoro americani con Silicon Valley Bank. Un modo articolato per dire fallimento e la fine di una storia iniziata nel 1856. Ma questo è il peggiore dei peggiori scenari. Prima che si possa avverare ci sono diverse opzioni sul tavolo evocate dal quotidiano romando Le Temps e dal Financial Times.

Opzione numero 1: proseguire secondo il piano

Si tratta sostanzialmente di percorrere la strada tracciata lo scorso autunno, scorporando l’investment banking e tornando a concentrarsi su attività meno rischiose. Già operato un aumento di capitale che ha reso la Saudi National Bank il principale azionista, il piano presentato il 27 ottobre contempla una riduzione dei costi di 2 miliardi entro il 2025. Ed è questo orizzonte di tempo che solleva dubbi, perché se nel frattempo l’emorragia di clienti dovesse proseguire, Credit Suisse potrebbe trovarsi a corto di liquidità o vulnerabile a qualche nuovo scossone.

Opzione numero due: un nuovo aumento di capitale

Emettere nuove azioni potrebbe attirare nuove figure in grado di sostenere la banca nella sua transizione. Un’opzione che dovrebbe però passare dall’approvazione degli azionisti disposti ad accogliere la perdita di valore del proprio investimento.

Opzione numero tre: Suisse Credit Suisse

Si tratterebbe di un ritorno alle origini, con la separazione delle attività e il salvataggio del nocciolo svizzero della banca. Uno scenario che presuppone l’intervento di investitori elvetici per svincolare il gruppo da capitali internazionali.

Opzione numero 4: il tormentone UBS

Ad ogni crisi che dal 2008 si è abbattuta sul gruppo bancario è stata evocata la possibilità di una fusione con UBS. I vertici della banca però hanno affermato di concentrarsi sui loro affari. Probabilmente perché l’operazione è più facile da dire che da realizzare. Fondere due istituti di credito di queste dimensioni darebbe vita ad un colosso che annichilirebbe la concorrenza interna, senza contare i massicci tagli al personale che costituirebbero un danno d’immagine ancora prima di partire.

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