
La revoca delle misure di lotta contro il Covid-19 segna per il momento la fine della modalità di crisi per le finanze pubbliche svizzere. Gli strumenti messi in atto dalla Confederazione per la gestione del debito dovrebbero permettere un consolidamento senza contraccolpi e senza interventi incisivi sul budget, secondo uno studio pubblicato oggi da Credit Suisse.
Gli esperti della banca sottolineano l’importanza di quest’ultimo punto “dati i sostanziali rischi economici e fiscali posti dalla guerra in Ucraina”. Dopo due anni di misure di sostegno rapide e mirate contro la pandemia, la politica fiscale si sta gradualmente concentrando sulla gestione del debito che ne è scaturito. Tra gli aiuti per i casi di rigore, i pagamenti per la disoccupazione parziale, i crediti Covid-19 e gli aiuti settoriali, il debito è stimato tra 33 e 36 miliardi di franchi.
Una parte ha potuto essere compensata da entrate straordinarie ottenute prima della crisi - aste per le frequenze 5G, liquidazione di Swissair - e contabilizzate su un conto di ammortamento creato a questo scopo, che, dopo un saldo positivo di 3,4 miliardi di franchi all’inizio del 2020, dovrebbe registrare un deficit di 25 miliardi alla fine di quest’anno, secondo gli autori dello studio. La Confederazione è stata in grado di finanziare le spese attingendo a grandi riserve di liquidità. Il debito lordo, cioè il debito effettivo sul mercato dei capitali, è passato da circa 97 miliardi di franchi a circa 111 miliardi di franchi a causa della pandemia.
Con l’aiuto dei crediti residui e delle distribuzioni previste dalla Banca nazionale svizzera (BNS), il debito “dovrebbe tornare al livello precedente alla crisi prima del 2030, indipendentemente dalla variante di compensazione del deficit”, assicurano gli economisti di Credit Suisse. Il debito netto, che tiene conto anche della riduzione delle riserve di liquidità, potrebbe ancora superare il livello del 2019 fino al 2032. Secondo le previsioni del numero due bancario elvetico, il tasso d’indebitamento della Confederazione, che attualmente rappresenta il 14,9% del prodotto interno lordo (Pil), dovrebbe raggiungere il suo livello precedente alla crisi molto prima, alla fine del 2024. Secondo l’Ufficio federale di statistica, era del 13,3% alla fine del 2019, l’ultimo anno prima della crisi pandemica.
La Confederazione ha previsto due varianti per la compensazione del deficit. Entrambe rispettano il freno all’indebitamento, ciò che rappresenta un segnale importante per i mercati internazionali dei capitali in un contesto di aumento dei tassi d’interesse, sottolineano gli esperti di Credit Suisse. Inoltre, il deficit dovrebbe essere compensato senza problemi nel corso di diversi anni, senza dover ricorrere a misure di risparmio o ad aumenti di tasse, anche in caso di rallentamento economico. Resta da vedere quale impatto avrà il conflitto russo-ucraino e la conseguente crisi energetica. Poiché la Svizzera è meno dipendente dal gas e dal petrolio rispetto al resto dell’Europa, gli aumenti di prezzo registrati finora sono meno problematici per l’economia. Ma una recessione, che richiederebbe un intervento fiscale, è “una probabilità che aumenta man mano che la guerra in Ucraina continua”.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata