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“Il mio alpinismo è molto egoista”
Immagine Shutterstock
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Andrea Scolari
2 anni fa
Reinhold Messner, leggenda dell’alpinismo mondiale, si è raccontato ai microfoni di Ticinonews

Lei è stato scalatore, esploratore, scrittore e anche politico. Quale di queste attività l'ha resa più felice?
Tutte le mie attività mi hanno dato una certa felicità per il fatto che ho potuto realizzarmi. Meno la politica, perché ho fatto solo 5 anni di Parlamento europeo. Ma ho imparato moltissimo perché ho capito che lì non puoi realizzare le tue idee, in un Parlamento si fanno compromessi. La politica è l'arte dei compromessi, della capacità di portare gli altri su una tua visione. Democrazia significa trovare un equilibrio e portare avanti il paese, in questo caso l'Europa.

Cosa si prova ad essere il primo alpinista ad aver scalato tutte le 14 cime al mondo sopra gli 8 mila metri?
Non conta granché. La prima salita di un ottomila in stile alpino, l'attraversata di due ottomila in un colpo contano molto di più che tutti gli ottomila metri.

Lei ha rinunciato a qualcosa per la montagna?
L'alpinismo fatto nella mia dimensione è un fatto molto egoista, perché devi essere disposto a lasciare indietro i genitori, che soffrono perché sanno che sei in zone pericolose, la famiglia, i bambini. È un'attività che non è difendibile verso la grande società. Però l'ho fatto e non ho nessun problema a dire che sono stato alpinista, avventuriero, e ho vissuto questa vita nonostante il fatto che altri hanno sofferto per questo.

Cosa si prova quando si raggiunge una vetta?
La salita è una cosa, la vetta è soltanto il punto di cambiamento: prima si sale e poi si scende. Raggiunta la vetta, devo ancora scendere. È meno faticoso però è molto pericoloso, perché c'è la stanchezza. Nella discesa si può cadere come nella salita, forse anche di più. Il momento chiave, come gioia, è il ritorno nella sicurezza, quello è quasi come una rinascita.

Non l'ha mai assalito un senso di onnipotenza arrivando sulle vette più importanti del mondo?
Al contrario, più sono andato in alta quota, più sono salito su pareti difficili -sono anche andato nei posti più remoti della terra- più è cresciuto il mio rispetto. Più mi sono accorto che sono un niente di fronte alla natura.

Nel '78 ha scalato senza l'aiuto dell'ossigeno l'Everest. Quella fu definita una grande impresa.
Noi non siamo andati con la voglia di salire e accettare la morte, noi siamo andati a fare una prova chiedendoci se fosse possibile o no. Volevamo salire il più in alto possibile secondo le nostre capacità e forze, e ci siamo riusciti. L'Everest senza maschera di ossigeno non sta fra i 10 più grandi viaggi che ho fatto, è un viaggio come altri. La cima è raggiungibile abbastanza facilmente, non è difficile, nonostante il fatto che abbiamo noi stessi aperto la via senza l'aiuto degli sherpa. Abbiamo dimostrato alla scienza che l'uomo può raggiungere la cima più alta al mondo. Questo è interessante, che il mondo è fatto affinché l'uomo abbia la possibilità di salire al punto più alto.

Parliamo di suo fratello Günther.
Io ho sopportato il fatto che avevo la responsabilità per quanto accaduto. Eravamo due fratelli, abbiamo fatto tante salite nelle Alpi e anche salite di primo ordine. Ero il fratello maggior e così sentivo la responsabilità. Se fossi morto io lui avrebbe avuto la responsabilità. La responsabilità rimane sempre a chi non è morto. In seguito, mi sono dovuto confrontare con delle falsità che sono state dette, è stato inventato che avessi mandato mio fratello dall'altra parte della montagna, che volessi fare un'attraversata per aumentare il successo. Chi riesce a salire la parete più alta del mondo - 4'500 metri -e riesce a raggiungere la cima, cosa vuol fare? Vuole scendere in sicurezza per portare il successo a valle. Non vuole fare qualcosa di pericoloso per perdere questo successo.

Il mondo non va troppo bene, qual è il suo giudizio? Cosa chiede all'uomo?
Il mondo non è in uno stato buono, ma nonostante tutto consiglio di vedere positivamente il futuro. Saranno i giovani che studiano, che hanno creatività, a salvare la situazione.

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