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Abbattere i muri sconfinando
Foto Shutterstock
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Nel cuore della Città di Bellinzona a ottobre si è tenuto il Festival “Sconfinare” con l’obiettivo di discutere sui confini, siano essi fisici o ideologici. Ne abbiamo parlato con Ezio Mauro e Edoardo Albinati

Muri, barriere, confini geografici, confini ideologici, confini artistici, di genere, di parola, politici, di giustizia e religiosi. Ne esistono infiniti e tutti i giorni ci ritroviamo confrontanti con questa tematica delicata. Con l’arrivo della pandemia di Covid-19, poi, tutto si è amplificato: abbiamo iniziato a capire il senso e la difficoltà di essere divisi dalle frontiere che durante il primo confinamento sono rimaste chiuse allontanando fisicamente amici, fidanzati e intere famiglie. Noi, in occasione del festival culturale “Sconfinare” avuto luogo a Bellinzona a ottobre ne abbiamo parlato con Valentina Fontana, curatrice culturale della Città di Bellinzona, Ezio Mauro già direttore di “la Repubblica” e Edoardo Albinati scrittore e insegnate di lettere al carcere di Rebibbia a Roma.

Il Festival dapprima rimandato a causa della pandemia, ha dato lo spunto per riflettere su temi ora più che mai attuali. Il Covid, infatti, ha sottolineato le barriere che si sono create con il confinamento, sottolineando le differenze fra le fasce più deboli della popolazione. Gli incontri, le conferenze, l’arte e la musica hanno quindi cercato di abbattere questi muri sottolineando l’importanza di spingersi sempre di più verso una società inclusiva, priva di barriere o confini mentali.

Sicuramente l’emblema più forte di confine nella storia del Novecento è il muro di Berlino. Ha diviso l’Europa per 28 anni, ha spaccato la Città, le due Germanie ma soprattutto ha definito dei conflitti ed equilibri.

Foto Ticinonews
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Ma dopo quello di Berlino, i muri non hanno smesso nascere, anzi. Si costruiscono barriere di qualsiasi genere che, soprattutto, in tempi di populismi cavalcano le onde dei sentimenti di insoddisfazione e ingiustizia della società, portando con sé una connotazione negativa. Si costruisce infatti non solo qualcosa di fisico ma qualcosa di ideologico, più intrinseco che definisce infine chi ha o meno quale diritto nella società. Da qui l’importanza di portare in una piazza, in un capannone trasparente a dimostrazione dell’anti-barriera, il tema del confine dal quale però si può (e si deve) sconfinare.

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Ma è importante, spiega Ezio Mauro, distinguere ciò che sono i confini da ciò che sono i muri. “I confini in quanto tali definiscono uno stato, una nazione, una comunità. I muri sono qualcosa di diverso, sono il segno che noi interpretiamo i confini come un criterio di inclusione o esclusione. Sono un modo per tenere le persone fuori e per distinguere tra noi e gli altri”, ha commentato. E se pensiamo ai muri che dividono ’noi e gli altri’ non possiamo fare altro che pensare alle carceri. “Le mura del carcere però devono restare almeno un poco permeabili, dev’essere permesso un movimento”, spiega Albinati.

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