Svizzera
Svizzera condannata dalla Cedu, Jositsch: "Sentenza estremamente pericolosa"
© parlament.ch
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Keystone-ats
13 giorni fa
Il consigliere agli stati socialista commenta la decisione di settimana scorsa della Corte europea dei diritti umani di condannare la Svizzera per violazione dei diritti umani in ambito ambientale.

Una sentenza errata ed estremamente pericolosa, nonché problematica nei confronti di un sistema a democrazia diretta: è il giudizio sulla condanna della Svizzera una settimana fa da parte della Corte europea dei diritti umani di Daniel Jositsch, esponente di punta del PS svizzero (partito che ha peraltro accolto molto favorevolmente il verdetto, parlando di vittoria sul capitalismo), ma nel contempo anche professore universitario di diritto. "Credo che la sentenza sia sbagliata", afferma il 59enne consigliere agli stati zurighese in un'intervista pubblicata in serata sul portale della Neue Zürcher Zeitung (NZZ). "La Corte ha sviluppato ulteriormente la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) perché sa che di fatto non può essere modificata, ma così facendo invade la sfera del legislatore e fa politica". Un cambiamento della carta richiede l'unanimità di tutti gli stati membri, il che è irrealistico: questo ostacolo elevato è stato deliberatamente creato perché si voleva salvaguardare i diritti umani, in modo tale che tutti potessero sostenerli. Si trattava di tortura o di libertà di espressione, non di politica climatica".

Tra politica e giustizia

Ma non è compito della giustizia - chiedono i giornalisti della NZZ - sviluppare la legge? "No, questo è un compito della politica", risponde il professore di diritto penale all'università di Zurigo. "I tribunali devono interpretare le leggi. Ma non è la prima volta che la Corte europea dei diritti dell'uomo va oltre". E qual è la differenza tra interpretazione e sviluppo? "Bisogna pensare alla legge come a una tuta da ginnastica: va ancora bene se si mettono su cinque chili, ma a un certo punto non è più adatta. In questo caso è esattamente così. È impossibile conciliare il contenuto di questa sentenza con la formulazione della disposizione della CEDU sul diritto alla vita privata: difficilmente si troverebbe qualcuno per strada che vedrebbe un collegamento in questo caso. La Corte si spinge quindi troppo oltre. Ma vedo anche un secondo problema", prosegue l'accademico con trascorsi anche di avvocato a Bogotà, in Colombia. "Non si può ritenere un singolo paese responsabile di un problema globale. La Corte afferma correttamente che è necessario fare di più per proteggere il clima. Ma la sua soluzione non funziona: anche se la Svizzera, sulla base della sentenza, vietasse immediatamente tutte le emissioni di CO2, il clima globale migliorerebbe solo impercettibilmente, nella migliore delle ipotesi".

"È problematico che la Cedu annulli la decisione popolare"

"Trovo particolarmente delicato che la sentenza sia diretta anche contro la Svizzera", insiste il politico che, prima di entrare nel 2015 agli stati, è stato consigliere nazionale (dal 2007 al 2015). "La Svizzera è una democrazia diretta. Il Consiglio federale ha approvato una legge sul CO2 e quindi ha effettivamente fatto ciò che la Corte di giustizia chiede ora. Ma la legge è stata respinta dal popolo. Trovo estremamente problematico che la CEDU annulli questa decisione popolare: questo danneggia anche l'accettazione della Corte". Però - fanno notare i cronisti - 16 giudici su 17 hanno ammesso l'azione delle Klimaseniorinnen, le anziane per il clima all'origine della sentenza, di per sé destinata a fare giurisprudenza per altri paesi. "È l'immagine che i giudici hanno di sé che ha portato a questo giudizio discutibile: abbiamo a che fare con una corte che sopravvaluta in modo massiccio le proprie competenze", sostiene il professionista che si è in due occasioni messo a disposizione per diventare consigliere federale (per succedere rispettivamente a Simonetta Sommaruga e ad Alain Berset) non ottenendo però mai l'investitura ufficiale del suo partito.

Le conseguenze

Le conseguenze? "Non so se l'iniziativa per l'autodeterminazione dell'UDC, chiaramente respinta qualche anno fa, oggi non avrebbe alcuna possibilità. Ora la Svizzera è alle prese con i negoziati con l'Ue per l'ulteriore sviluppo degli accordi bilaterali. L'influenza della Corte di giustizia europea avrà un ruolo decisivo. La sentenza sul clima influenzerà l'umore, anche se la decisione è stata presa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e non dalla Corte di giustizia. Gli oppositori dei trattati diranno: questo dimostra come i tribunali europei trattano la Svizzera".

"Non è possibile cambiare la politica del clima a livello giuridico"

"Sono l'ultima persona ad opporsi al rispetto degli obiettivi climatici", prosegue Jositsch, che fa capo all'ebraismo ed è membro della società Svizzera-Israele. "Ma quando un tribunale internazionale cerca di influenzare la politica climatica di un paese democratico è controproducente. Se si vuole cambiare la politica del clima, bisogna cercare di convincere le persone. Non è possibile farlo a livello giuridico". Come può la Svizzera evitare che tali sentenze si ripetano in futuro? "Ne discuteremo alla prossima riunione della Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati", risponde il primotenente dell'esercito. "Alcune voci chiedono ora che la Svizzera si ritiri dalla CEDU. Credo che sarebbe un passo molto radicale: nell'attuale situazione politica, dobbiamo rafforzare i diritti umani. Tuttavia, in quanto stato firmatario, la Svizzera dovrebbe intervenire presso il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa e chiarire che così non si può andare avanti: la competenza della Corte in materia di attuazione deve essere limitata al contenuto essenziale dei diritti umani".

"La sentenza rappresenta un passo indietro nella struttura del diritto europeo"

La posizione di Jositisch si discosta parecchio da quella del copresidente del suo partito, Cédric Wermuth, che ha descritto la sentenza come "erfrischend frech", cioè qualcosa come "rinfrescantemente sfrontata". "Come leader del partito, può accogliere favorevolmente la sentenza dal punto di vista politico", argomenta a questo proposito l'intervistato. "Tuttavia, se la CEDU avesse stabilito che gli stranieri possono essere espulsi senza processo, Wermuth avrebbe detto il contrario e l'UDC avrebbe parlato di verdetto rinfrescante. Io non sono interessato a una sentenza politica, ma a una sentenza istituzionale. Il punto fondamentale è che la sentenza rappresenta un passo indietro nella struttura del diritto europeo. È stato superato un confine estremamente pericoloso", conclude il professore universitario.