Ticino
“Un’impronta più imprenditoriale per l’EOC”
Andrea Ramani
3 anni fa
A due mesi dalla sua entrata in carica, intervista a tutto tondo con Glauco Martinetti, nuovo direttore dell’Ente ospedaliero cantonale. Il passato nel settore agro-alimentare, il presente, la pandemia e gli indirizzi futuri della sanità.

La sua nomina questa estate aveva fatto scalpore, mentre la sua entrata in carica era stata oscurata dal picco della seconda ondata pandemica. Per la prima volta da gennaio Glauco Martinetti si è messo di fronte alle telecamere di TeleTicino per stilare un bilancio di questi primi due mesi alla direzione dell’Ente ospedaliero e per tracciare i futuri assi di sviluppo della sanità pubblica ticinese.

Cominciamo dal primo impatto con l’Ente ospedaliero.
È stata un’introduzione molto interessante. Si tratta di un settore molto particolare, molto vivo, con una grande umanità, quindi ci vuole umiltà per entrarci. Questi primi mesi li ho trascorsi a conoscere le persone, a conoscere le sedi e le loro particolarità.

Entrato in carica nel pieno della seconda ondata, si è trovato a saltare su un treno in corsa?
Ho iniziato il 4 gennaio, il giorno dopo ero a Locarno alla Carità. Lì ho veramente toccato con mano cosa voleva dire questa bestia nera e ho capito cosa significasse curare e gestire un ospedale. Sono effettivamente saltato su un treno che era in corsa, ma questo ha anche dei lati positivi perché l’organizzazione era già assestata e tutti i protocolli funzionavano.

Foto © CdT/Gabriele Putzu
Foto © CdT/Gabriele Putzu

L’abbiamo sempre associata all’industria agro-alimentare, com’è stato il passaggio da questo settore alla sanità?
Io sono cresciuto nel mondo agro-alimentare e negli ultimi dieci anni ho avuto la possibilità di entrare in un gruppo svizzero dinamico che è anche entrato in borsa a Zurigo. Questo ha portato con sé un procedimento per affinare la strategia, per condurre e motivare le persone. È stata una parte della mia carriera molto importante che in pochi conoscono. Inoltre, gli ultimi cinque anni alla presidenza della Camera di commercio mi hanno messo anche di fronte ai media. La mia esperienza imprenditoriale e la presidenza alla Cc-Ti credo abbiano agevolato la nomina all’EOC.

Lo ha detto, è stato presidente di un’importante associazione economica. Spesso, durante la seconda ondata, sanità ed economia sono sembrate in contrapposizione, dentro di lei non ha avvertito qualche frizione o contraddizione?
Non può esserci attività imprenditoriale se non c’è la salute. Credo ci siano delle scelte anche molto chiare. Credo che il valore primo, sia il valore della vita, in subordine ci sono le attività. Chiaramente capisco le difficoltà con cui siamo confrontati come società nel chiudere delle attività economiche importanti, con i drammi sociali che ne conseguono. Al tempo stesso c’è il dramma dei decessi causati dal covid.

È preoccupato per la direzione presa dal Consiglio federale nella politica di aperture, considerato anche quello che sta succedendo in Italia?
Siamo abbastanza preoccupati per due motivi. Lo sappiamo benissimo, la frontiera è permeabile. Ce ne siamo già accorti un anno fa. L’aumento dei casi a Varese e a Como deve preoccuparci. Il secondo aspetto che secondo me è ancora più preoccupante è che ci troviamo confrontati con la variante inglese che ha un grado di contagiosità molto più elevato. Di fronte a questa nuova sfida la risposta della politica deve essere molto veloce. Purtroppo, la politica federale svizzera non è una politica veloce. Abbiamo un sistema federalista che in questo caso mostra i suoi limiti.

Sta dicendo che la decisione di riaprire è avventata?
Non credo avventata, perché il Consiglio federale va coi piedi di piombo. Abbiamo chiari indicatori che ci dicono che la società non è più in grado di sopportare queste chiusure. Dobbiamo in tutti i modi accelerare le vaccinazioni. L’unica soluzione per uscire da questa situazione è vaccinare il più velocemente la maggioranza della popolazione. Se non ci riusciamo, le aperture potrebbero rivelarsi problematiche.

Foto © CdT/Gabriele Putzu
Foto © CdT/Gabriele Putzu

Sapete quanti collaboratori dell’EOC sarebbero pronti a vaccinarsi?
Abbiamo un’adesione molto alta e siamo certi continuerà a crescere. Arriveremo a dei livelli molto alti. Il messaggio è stato capito.

Ci può dire una percentuale di adesione?
Non ancora perché non abbiamo ancora concluso i sondaggi, ma siamo ben al di sopra del 50%.

Oggi come sta l’Ente ospedaliero e come stanno i collaboratori?
Da un punto di vista emotivo nessuno era pronto ad una simile tragedia, nemmeno i nostri collaboratori che sono dei professionisti. Ci sono stati degli strascichi e ci stiamo ancora leccando le ferite. Da un punto di vista organizzativo, invece, la macchina ha funzionato alla perfezione. In pochissimo tempo si è stati capaci di identificare un ospedale dedicato al covid e i protocolli hanno funzionato alla perfezione. Siamo pronti a fronteggiare altre ondate pandemiche.

E dal punto di vista finanziario?
C’è stato un contraccolpo finanziario. Chiuderemo il 2020 con una perdita superiore ai 50 milioni. Il motivo è lo stop alle operazioni elettive imposto dal Consiglio federale nei mesi di marzo aprile e in parte maggio e l’aumento dei costi dovuto alla pandemia.

L’EOC si è profilato a livello svizzero nella lotta al covid. Pensiamo alla nomina dell’Istituto di Scienze Farmacologiche della Svizzera Italiana quale Centro di riferimento per l’analisi degli effetti collaterali dei vaccini.
L’Ente ha molte eccellenze al suo interno sia in termine di personalità che di istituzioni, ma forse lo comunichiamo ancora troppo poco. Nessuno sa che l’Ente è in prima linea per la ricerca clinica: pubblichiamo più di 360 articoli all’anno, siamo dei grandi ricercatori. “Dove c’è ricerca c’è anche la miglior cura” è un motto di Veronesi che calza ancora molto bene oggi.

Foto © CdT/Gabriele Putzu
Foto © CdT/Gabriele Putzu

Ci sono anche i cantieri dell’Ente...
C’è molta effervescenza. Ogni ospedale ha dei progetti molto importanti nei prossimi anni. La Saleggina è un progetto a lungo termine. Il rifacimento del Civico è a medio termine. A breve termine abbiamo il rinnovamento dei pronto soccorso e l’apertura di nuove ali.

Come sta andando l’integrazione del Cardiocentro nell’Ente?
L’integrazione sta avvenendo in modo spettacoloso: c’è grande voglia da entrambe le parti di integrarsi nel modo più veloce possibile. Non avvertiamo quasi più differenze tra Cardiocentro ed EOC, c’è un’ottima collaborazione. Questo ci porterà a ridefinire diverse offerte fra i due enti a vantaggio del paziente ticinese. Voglio ringraziare i collaboratori che stanno rendendo possibile questa collaborazione.

Dopo questi due mesi come sarà il 2021 per lei?
Continuerò ad approfondire i temi e i dossier. Quest’estate dovremo iniziare a discutere della nuova strategia che accompagnerà l’Ente dal 2022 al 2026. Sarà importante definire questa strategia partendo dall’evoluzione demografica. Il nostro è un Cantone segnato da una diminuzione delle nascite e da un aumento della popolazione over 65. Queste tendenze entreranno nella strategia, come il contenimento delle spese e il miglioramento operativo, che continuerà nei prossimi anni.

Vuole dare una sua impronta all’Ente, un’impronta “privata”?
Non credo che il termine sia corretto. Credo che dobbiamo dare un’impronta più imprenditoriale all’Ente, perché ci viene richiesto. Dobbiamo considerare i Ticinesi come possibili pazienti ma anche come contribuenti. Dobbiamo garantire che ogni singolo franco del contribuente venga investito e speso nel migliore dei modi.

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